Chez Nous - 06 agosto 2025, 08:00

Cucci ou excessivement sévères

Ciucci o severi

Cucci ou excessivement sévères

Quando la lode diventa un miraggio e la mediocrità una regola. In tutta Italia piovono lodi agli esami di maturità, tranne che in Valle d’Aosta, dove i diplomati eccellenti si contano sulle dita di una mano. Un risultato imbarazzante che solleva interrogativi su qualità, selezione, ambizioni e responsabilità del nostro sistema scolastico. I numeri ci sono, le scuse anche: ma le risposte?

In Campania sono stati 2.898. In Sicilia 1.947. In Puglia 1.891. In Valle d’Aosta? Tre. Non tremila: tre. A fronte di quasi 14mila studenti italiani che quest’anno hanno ottenuto la lode alla maturità – simbolo di eccellenza scolastica e, almeno teoricamente, di alto merito – la nostra piccola regione autonoma si piazza all’ultimo posto. Anzi, fuori classifica. Non una sorpresa, purtroppo. Ma un dato che dovrebbe farci riflettere, indignare, e magari anche agire.

Qualcuno ha commentato il nostro articolo con parole taglienti, ma tristemente fondate: “La Valle d’Aosta ha gli studenti ciucci o una severità senza senso”. E in effetti la domanda è inevitabile: siamo davvero pieni di asini o afflitti da un rigore scolastico tanto inflessibile quanto sterile? Perché se i nostri ragazzi ottengono voti bassi, poi si trovano penalizzati nei concorsi, nell’iscrizione all’università, nell’accesso alle borse di studio e alle esenzioni. È un danno vero, concreto, che incide sulle loro possibilità e sulle loro scelte. E allora viene da chiedersi: chi sta sbagliando?

Forse qui, in Valle, i professori sono più esigenti. Ma esigenti in cosa, e con quale coerenza? Forse gli studenti sono meno preparati. Ma meno di chi, e perché? Forse il sistema è più selettivo. Ma a che pro, se poi non produce eccellenze né valorizza chi le ha? La verità è che il nostro modello educativo fa acqua da tutte le parti. Non c’è visione, non c’è strategia, non c’è nemmeno una narrazione educativa positiva. Ci si limita a vivacchiare, a promuovere per stanchezza e a non lodare per principio.

Secondo i dati ufficiali del Ministero dell’Istruzione e del Merito, il 99,7% degli ammessi all’esame è stato promosso. Un trionfo da Corea del Nord. Ma dietro questa percentuale monolitica si nasconde una frattura. In Valle d’Aosta, a fronte di un numero modesto di maturandi, le lodi sono evaporate. I talenti – perché sì, esistono anche qui – non emergono, o se lo fanno vengono ignorati, minimizzati, schiacciati da criteri imperscrutabili, rigidità autoreferenziali e un’idea di scuola che sa solo valutare con la matita rossa e blu, senza premiare con convinzione.

L’impressione è che la scuola valdostana si sia chiusa in se stessa, priva di stimoli e incapace di affrontare le sfide del tempo. Le difficoltà nel reclutamento dei docenti sono note. Le classi sono spesso affidate a insegnanti precari, fuori ruolo o di passaggio. La motivazione langue. L’aggiornamento didattico è affidato al buon cuore. E l’orizzonte è quello del prossimo esame, non del futuro degli studenti. Altro che autonomia: siamo prigionieri di una routine scolastica asfittica, che non premia, non entusiasma, non spinge nessuno a dare il meglio.

Non è una questione di numeri. È una questione di principio. Tre lodi in tutta la regione sono una vergogna. Un insulto ai ragazzi che si impegnano, ai genitori che li sostengono, e anche ai docenti che ancora ci credono. Perché ci sono, ed è bene dirlo. Ma restano isolati, silenziati da un sistema che fa della mediocrità la sua comfort zone. Un sistema che, di fatto, penalizza i migliori e protegge i più pigri. Il messaggio che passa è: “Studiare troppo non serve, tanto la lode non la danno”. E chi ha il coraggio di eccellere viene trattato come un presuntuoso, non come una risorsa.

E allora le domande sono necessarie. E vanno poste, con forza.

All’assessore regionale all’istruzione: cosa intendete fare per invertire la rotta? Quale progetto avete per una scuola che valorizzi il merito e non lo schiacci?

Alla sovrintendente agli studi: quante riunioni, quanti protocolli, quanti giri di parole ancora prima di riconoscere che qualcosa non funziona?

Ai dirigenti scolastici: siete disposti a mettervi in discussione? O va tutto bene così, a parte quei tre fastidiosi studenti eccellenti?

Al corpo docente: ha ancora senso parlare di valutazione se la valutazione diventa una roulette senza trasparenza né fiducia?

Alle commissioni d’esame: davvero ritenete che in tutta la regione solo tre maturandi abbiano meritato la lode? O è più facile dire “no” per non esporsi?

Il punto è proprio questo: se nessuno si prende la responsabilità, nessuno prenderà mai nemmeno una lode. E allora, avanti con la promozione garantita, ma guai a brillare troppo. Che poi in Valle, si sa, chi si distingue… viene guardato storto.

Il tema riguarda tutti. Perché da qui passa anche il futuro della nostra società. E non possiamo affidarci solo a chi riesce ad andarsene altrove. Dobbiamo tornare a credere nella scuola come luogo di crescita vera, non come passaggio obbligato da sopportare fino al diploma. E invece ci ritroviamo a festeggiare la sopravvivenza, il “tutti dentro”, come se bastasse evitare la bocciatura per dire che va tutto bene.

Tre lodi. Tre. Quando poi si parla di fuga di cervelli, ci si sorprende. Ma se i cervelli li ignoriamo, li sottovalutiamo o li scoraggiamo fin dalle superiori, che futuro vogliamo costruire?

Cucci o severi? Forse peggio: distratti. E ormai rassegnati.

Ciucci o severi

Trois louanges. Pas trois mille. Trois. Et ce n’est pas un hasard. La Vallée d’Aoste est-elle peuplée d’élèves médiocres ou de professeurs intransigeants ? Les deux hypothèses sont inquiétantes, mais la vraie question est ailleurs : que fait-on pour en sortir ?

Partout en Italie, les mentions « très bien avec les félicitations » pleuvent aux examens de maturité. Partout sauf en Vallée d’Aoste, où les diplômés d'excellence se comptent sur les doigts d’une main. Un résultat embarrassant qui soulève des questions sur la qualité, la sélection, les ambitions et les responsabilités de notre système scolaire. Les chiffres sont là, les excuses aussi : mais où sont les réponses ?

En Campanie, 2.898. En Sicile, 1.947. En Pouilles, 1.891.
Et en Vallée d’Aoste ? Trois. Pas trois mille. Trois.

Parmi près de 14.000 étudiants italiens qui ont obtenu cette année la mention avec félicitations – symbole d’excellence scolaire et, en théorie du moins, de mérite élevé – notre petite région autonome se classe bonne dernière. En réalité, elle sort carrément du classement.

Pas une surprise, malheureusement. Mais un chiffre qui devrait nous faire réfléchir, nous indigner, et peut-être même nous pousser à agir.

Pourquoi si peu de mentions ?
Parce qu’en Vallée, les professeurs sont plus sévères ?
Parce que les élèves sont moins préparés ?
Parce que le système est plus rigoureux qu’ailleurs ?
Ou, plus honnêtement, parce que quelque chose s’est cassé dans le parcours éducatif ?

Ce sont des questions légitimes, dérangeantes, mais qu’il faut bien finir par poser.
Et que notre politique éducative régionale ne peut plus éluder, en se réfugiant derrière le sempiternel « nous sommes peu nombreux » ou le non moins classique « les notes ne veulent rien dire ».

D’après les données officielles du ministère de l’Éducation et du Mérite, 99,7 % des candidats ont obtenu leur diplôme. Un succès à la soviétique.
Mais ici, chez nous, avec un nombre très restreint de candidats, les excellents ont quasiment disparu.

Ce n’est pas une question de statistiques, mais une tendance structurelle : depuis des années, l’école valdôtaine ne brille pas dans les comparaisons nationales. Elle semble au contraire s’éteindre lentement, comme un poêle qu’on aurait oublié d’alimenter.

À l’échelle nationale, 76,6 % des élèves des lycées (de la 1ère à la terminale) ont été admis en classe supérieure. Une donnée assez stable.
Mais dans cette régularité générale, la Vallée d’Aoste fait exception.
Et soulève une question provocatrice :
Sommes-nous un laboratoire d’exigence… ou une fabrique de médiocrité ?

Il n’y a pas de réponse simple.
Peut-être manque-t-il un projet éducatif fort, cohérent, inspiré.
Peut-être est-ce la difficulté à recruter et fidéliser des enseignants motivés.
Peut-être encore l’absence d’un environnement culturel stimulant, capable de valoriser les talents.

Ou, plus banalement, on a perdu de vue l’objectif :
former des jeunes curieux, compétents, passionnés. Pas seulement des promus. Des brillants. Des excellents.

Aujourd’hui, on célèbre le « tous reçus » comme s’il suffisait d’éviter le redoublement pour s’en féliciter.
Et ensuite, on s’étonne de la fuite des cerveaux.

Mais si dès le lycée on décourage les têtes bien faites, si on les ignore ou qu’on les sous-estime, quel avenir peut-on espérer construire ici ?

Ce n’est pas qu’une affaire de lycée.
Le problème concerne aussi l’université, la formation professionnelle, l’orientation post-diplôme.

Mais tout commence là, sur le banc d’école, dans le regard d’un enseignant capable de reconnaître et de récompenser l’effort.

Il ne faut pas des miracles. Il faut une école qui y croit à nouveau.
Même – et surtout – en Vallée d’Aoste.

Et donc, que fait l’assesseur à l’Éducation ? Et la Surintendante ? Et les enseignants ? Et les commissions ?
Qui assume la responsabilité de cette situation déshonorante ?
Et surtout : qui a le courage de dire comment on compte en sortir ?

piero.minuzzo@gmail.com

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