In Campania sono stati 2.898. In Sicilia 1.947. In Puglia 1.891. In Valle d’Aosta? Tre. Non tremila: tre. A fronte di quasi 14mila studenti italiani che quest’anno hanno ottenuto la lode alla maturità – simbolo di eccellenza scolastica e, almeno teoricamente, di alto merito – la nostra piccola regione autonoma si piazza all’ultimo posto. Anzi, fuori classifica. Non una sorpresa, purtroppo. Ma un dato che dovrebbe farci riflettere, indignare, e magari anche agire.
Perché così poche lodi? Forse perché qui, in Valle, i professori sono più severi? Forse perché gli studenti sono meno preparati? Forse perché il sistema scolastico è più serio e meno “inflazionato”? O, più onestamente, perché qualcosa si è rotto nel percorso educativo? Sono domande legittime, e scomode, che la politica educativa regionale dovrebbe iniziare a porsi. Senza più nascondersi dietro il “siamo pochi”, o il “non contano i voti”.
Secondo i dati ufficiali pubblicati dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, il 99,7% degli ammessi all’esame è stato promosso. Un trionfo quasi sovietico. In Valle, però, pur con un numero molto contenuto di maturandi, le eccellenze sono state praticamente azzerate. Non è questione di statistiche, ma di tendenza: da anni, la scuola valdostana non brilla nei confronti nazionali, e anzi sembra spegnersi lentamente, come una stufa dimenticata in primavera.
A livello generale, tra tutti gli studenti scrutinati delle scuole superiori italiane (dal primo al quarto anno), risulta ammesso agli anni successivi il 76,6%. Il dato è in lieve calo rispetto al 77,1% dello scorso anno. I sospesi sono il 17,8%, mentre i bocciati sono il 5,6%. Percentuali che confermano un andamento relativamente stabile nel sistema-Italia. Nei licei, l’ammissione sfiora l’81%, nei tecnici si ferma al 69,1% e nei professionali si attesta al 76,4%.
E allora? La Valle d’Aosta è un laboratorio di severità o di mediocrità? Il problema è che non c’è una risposta semplice. Forse c’entra l’assenza cronica di un progetto educativo forte e coerente, forse pesa la difficoltà a trovare docenti stabili e motivati, forse mancano stimoli culturali capaci di valorizzare i talenti. O forse, più banalmente, si è perso di vista l’obiettivo: formare giovani preparati, competenti, appassionati. Non solo promossi, ma anche eccellenti. E invece ci ritroviamo a festeggiare il “tutti dentro” come se bastasse evitare la bocciatura per essere soddisfatti.

Tre lodi. In tutta la regione. Quando poi si parla di fuga di cervelli, ci si sorprende. Ma se già i cervelli li ignoriamo, li sottovalutiamo o peggio li scoraggiamo fin dalle superiori, che futuro vogliamo costruire?
Il tema è spinoso, e riguarda anche l’università, la formazione professionale, l’orientamento post-diploma. Ma tutto parte da lì: dal banco, dal voto, dallo sguardo di un professore che sa riconoscere e premiare l’impegno. Non servono miracoli. Serve una scuola che torni a crederci. Anche – e soprattutto – in Valle d’Aosta.





