Se ne stava lì, tutto fiero nella sua divisa ben stirata, il vicebrigadiere. Ma sotto i gradi batteva un cuore da imprenditore. Niente contrabbando o tangenti, si capisce: solo un po’ di sano commercio automobilistico, che male c’è? Sei ore al giorno, tutti i giorni – mica una scappatella. Non era intestatario dell’impresa, per carità, l’aveva messa a nome della compagna. Ma i conti erano cointestati, i clienti parlavano con lui e i telefoni squillavano a suo nome. Insomma: tutto a posto, se non fosse che fare il carabiniere e il rivenditore d’auto insieme è come cercare di stare sull’Arma e in affari. Un’impossibilità più che morale, giuridica.
La Corte dei conti, che non brilla certo per indulgenza quando si parla di doppio lavoro, l’ha beccato con tanto di confessioni, verbali e bonifici. Risultato: 13 mila euro da ridare al ministero della Difesa, cioè metà dei guadagni del biennio 2022-2023, perché il resto – si suppone – resta in famiglia. Nessuna difesa in aula, nessun avvocato: solo una sentenza che fotografa la realtà. Perché, come diceva la nonna, le bugie hanno le ruote corte, anche se vendi automobili.
Ma a finire sotto il bisturi dei giudici contabili non sono solo i singoli, anche i Comuni fanno la loro figura. Specialmente quando si parla di rendiconti. Prendi Courmayeur, che dovrebbe essere il fiore all’occhiello del turismo alpino e invece inciampa da sette anni sulla stessa pietra: non consegnare il bilancio entro i termini. Dal 2018 al 2024, sempre fuori tempo massimo. Colpa della carenza di personale? Non più credibile – dicono i giudici – perché sette anni sono abbastanza per capire che il problema non è la penna ma chi la muove.
E dire che gli altri Comuni, anche quelli piccini, il rendiconto lo hanno portato in tempo. Qualcuno persino con un surplus: soldi Covid non spesi, fondi energia intatti, ristori da restituire. Roba da 2,6 milioni di euro, avanzati e ora da rendere al mittente, cioè allo Stato via Regione. Altro che emergenza pandemica e bollette stellari: qui siamo in fase di digestione lenta. A Chatillon, Cogne, Gressoney-Saint-Jean e compagnia bella i conti tornano… indietro. E quando la Corte dice “superata l’emergenza”, in realtà intende “abbiamo anche troppi soldi”, ma non sappiamo bene che farne.
Sembra una barzelletta, e un po’ lo è: da un lato il militare che per passione vende auto e accessori, e dall’altro gli enti pubblici che non riescono a rendicontare neppure sotto tortura. Ma se il carabiniere infedele ha pagato con una sentenza e un bel risarcimento, ai Comuni distratti basta un buffetto della Corte: “osservare il principio di buon andamento”, un rimprovero in punta di penna.
Alla fine, in questa piccola Valle che ama definirsi virtuosa, a far notizia sono le eccezioni che confermano la regola: chi lavora troppo, ma nel posto sbagliato, e chi non lavora abbastanza, ma in una sede istituzionale. In entrambi i casi, il problema resta lo stesso: la responsabilità pubblica. E che sia in una caserma o in un municipio, forse dovremmo tutti ricordarci che la trasparenza non è un optional. Non si compra, non si rivende. E non si rendiconta mai in ritardo.





