«Una tazza di caffè, una tazza di caffè…» cantava il concorrente più iconico (e caffeinomane) dell’ultimo Eurofestival, mentre mezza Europa si chiedeva: “Ma quanto costa davvero questa benedetta tazza?”. La risposta è semplice: dipende da dove la bevi e da quanto è spesso il portafoglio. Ma se ti trovi a Copenaghen, forse è meglio ordinare un bicchiere d’acqua.
In fondo, il caffè è l’unità di misura universale della vita adulta. È il primo amore del lunedì mattina, il carburante dei pendolari e l’unico compagno fedele di molte riunioni su Zoom. Ma è anche diventato un indicatore economico che farebbe impallidire Mario Draghi: nasce l’indice cappuccino, il nuovo spread emotivo tra salario e schiuma.
I danesi, ad esempio, spendono poco (1,89 €), ma a Copenaghen il cappuccino ne costa 5,81. Magia della macroeconomia o colpo di Stato della moka? Più giù, in Kosovo, una tazza costa 1,27 euro. In Italia, regina del caffè, l’espresso medio è a 1,53. Eppure, a Varsavia, dove dovresti pagare meno, ti pelano come se fossi in un bistrot di Saint-Germain-des-Prés: 4,24 euro a tazzina. Qualcuno dica ai polacchi che non è champagne.
Poi ci sono i francesi, noti per lo snobismo anche al bancone. Il loro espresso costa 3,42 euro, ma lo ordina meno del 9%. Preferiscono cappuccino e latte macchiato, come se fosse tutto un gigantesco brunch parigino senza fine. Va detto: con uno stipendio medio di 32.354 euro, se lo possono pure permettere. Anche se un po’ di sobrietà non guasterebbe.
In Lituania, invece, con una tazza a 3,39 euro e stipendi da 15.909 euro, ogni sorso pesa sul conto come una rata del mutuo. Là il caffè non lo bevi, lo finanzi a rate. Nel frattempo, in Lussemburgo, dove il reddito è di 50.410 euro, una tazza costa 3 euro ma non fa una piega: è come per noi comprare una mentina.
L’Europa si divide così: da un lato chi può permettersi il caffè e ci scrive le canzoni (Danimarca, Italia, Lussemburgo), dall’altro chi lo paga come fosse tartufo bianco (Polonia, Islanda, Svizzera). Ma c’è chi lo misura in sogni: a Roma, con lo stipendio medio, puoi ordinare 1.399 cappuccini al mese. A quel punto, puoi affogare qualsiasi crisi esistenziale nella schiuma.
Nel frattempo, le aziende del caffè ringraziano: nel 2024 si sono tostati oltre 10 miliardi di chili di chicchi. E sì, costa solo un centesimo produrre un espresso, ma tra l’affitto, la corrente e il barista hipster in camicia a quadri, il prezzo finale lo paghi anche in dignità.
Alla fine, però, il punto è un altro: non importa quanto costa. Se una canzone sull’Eurofestival può urlare al mondo l’amore per una semplice tazza di caffè, allora vuol dire che l’Europa è ancora unita da qualcosa. Che sia la moneta o la moka, poco cambia.





