In Consiglio regionale è ormai rimasto il vuoto pneumatico, non tanto per assenza di persone (qualcuno ci passa ancora a prendere la posta), ma perché la legislatura è ufficialmente finita e il silenzio istituzionale è stato sostituito dal fruscio delle liste elettorali in costruzione, un rumore lieve ma continuo, come una stampante in loop. La vera attività, oggi, si consuma nei retrobottega, nei giardini con vista Monte Bianco e in quelle famose “cucine elettorali”, ma soprattutto nella Cave Valdôtaine, l’enoteca di via
Jean Baptiste de Tillier, 3 ad Aosta diventata focolare le trategie politiche, dove più che programmi si lessano vendette e ambizioni.
Pare che un noto assessore uscente, di cui non faremo il nome (ma si candiderà lo stesso), abbia chiesto a un prete di benedire la sua pagina Facebook, “perché porti più like e meno insulti”. Un altro, ex portavoce di sé stesso, sta studiando da civico dopo una vita da autonomista “doc”: lo hanno visto comprare un paio di scarpe da ginnastica per sembrare più popolare e meno istituzionale. Sarà l’aria del Giubileo, ma la transumanza dei simboli politici somiglia più a un pellegrinaggio penitenziale che a una competizione elettorale.
Sempre in ambito comunale, qualcuno giura di aver visto una consigliera scattare foto ai tombini di Aosta. Non è chiaro se stesse preparando una denuncia, un post indignato o il portfolio per candidarsi con la lista “Sentinelle del Tombino”. In ogni caso, un consigliere uscente di lungo corso ha sussurrato a un barista: “Qui non si candida più nessuno per cambiare le cose. Si candida per non cambiarle troppo, altrimenti poi ti tocca lavorare davvero”.
Nel centrosinistra c’è chi si affida a sondaggi segreti, che più che rilevazioni sembrano bollettini di guerra: “La lista A è data al 7,5% ma con margine di crescita, la lista B ha un 4, ma è un 4 solido, e la lista C potrebbe salire se solo qualcuno sapesse chi sono.” L’unica certezza è che ogni candidato ha almeno due soprannomi e tre posizionamenti ideologici a seconda di chi lo nomina. Chi cerca coerenza, insomma, può sempre andare a fare yoga.
Nel centrodestra, invece, ci si esercita con le metafore. Un aspirante presidente ha paragonato la Valle a una macchina d’epoca: “Ha fascino, ma bisogna saperla guidare.” Peccato che il meccanico a cui si è rivolto per la revisione sia iscritto alla Lega e preferisca i trattori. L’armonia del centrodestra, a sentire un coordinatore locale, è “una sinfonia in dodicesima minore”: a ogni riunione salta una nota e nasce una nuova lista.
Le civiche spuntano come funghi dopo la pioggia e già si parla di “Germogli VdA”, “Valle Nuova” e “Progetto con Vista”. Uno dei nomi più gettonati pare sia “Insieme, ma con riserva”, ideale per chi non sa ancora con chi allearsi. C’è persino chi propone una lista monolingue per protesta, ma poi si corregge: “No, meglio una lista senza parole: così non rischiamo di dire stupidaggini”.
Eppure, in tutto questo teatro, qualcuno ancora crede che le elezioni possano servire a qualcosa. Non per cambiare il mondo, ma almeno per scegliere chi finge meglio di volerlo fare. Ecco, se questa è la speranza, allora che sia una commedia ben scritta, ché di farse ne abbiamo già viste troppe.
A domani, sempre se non ci sciolgono come neve d’agosto.





