Se c’è un progetto che merita attenzione in un’epoca spesso cinica, è proprio Habita Aosta, coprogettazione appena lanciata dal Comune insieme alle cooperative sociali La Sorgente, Esprit à l’Envers ed EnAIP VdA. Un nome evocativo – “Habita” – che richiama non solo l’azione di vivere in un luogo, ma il diritto di farlo con dignità, con strumenti adeguati, senza barriere linguistiche o culturali. Un diritto, per molti, ancora negato o concesso solo a condizioni insostenibili.
Non è il solito piano d’emergenza, ma un percorso strutturato, con gambe lunghe e visione ampia. Si parla di cittadini di paesi terzi, ma in realtà si parla di noi tutti: perché la casa non è solo un tetto, è la base per lavorare, integrarsi, far crescere i figli, partecipare a una comunità. Il progetto interviene a monte e a valle: accompagna le persone alla ricerca di un alloggio, ma le sostiene anche dopo, nel tempo. Perché la fragilità non si cancella con un contratto d’affitto, e spesso comincia proprio quando si varca una porta chiusa troppo a lungo.
“Habita Aosta vuole dare voce, con riferimento alle politiche abitative, alle persone straniere che sono in cerca di un’abitazione, ma anche attenzione e tutela ai proprietari”, ha dichiarato l’assessora Clotilde Forcellati, sottolineando la doppia anima del progetto. Già, perché qui l’integrazione è un affare a due vie: si aiutano gli inquilini a trovare una casa, ma anche i locatori a superare le proprie diffidenze, ad accettare la mediazione culturale, ad affrontare piccole manutenzioni troppo spesso usate come scusa per non affittare.
Le parole dell’assessora colpiscono per chiarezza e realismo. Non c’è retorica, c’è la consapevolezza che “solo facendo rete tra gli Enti Locali è possibile affrontare una problematica urgente quale la carenza di alloggi”. Una visione che supera il perimetro di Aosta, aprendosi a tutta la Plaine, dove spesso si concentra la domanda e si disperde l’offerta.
La cifra è importante: 401.380 euro, finanziati dal Fondo europeo FAMI attraverso il Ministero dell’Interno. Una parte andrà all’accompagnamento sociale, un’altra agli interventi tecnici. Ma oltre ai numeri, c’è la sostanza. C’è un Centro di orientamento, “Voci di Colori”, già attivo, dove chi ha bisogno può trovare ascolto. Non un modulo da compilare, ma una persona che ascolta e orienta.
Ed è proprio su questo punto che vale la pena fermarsi un attimo. Perché quello che oggi viene giustamente fatto per le persone con background migratorio in ambito abitativo, potrebbe e dovrebbe essere fatto anche per altri cittadini fragili, confusi, spesso smarriti di fronte a un avviso di sanzione ricevuto a casa e completamente incapaci di accedere ai servizi digitali. Parliamo di chi non sa usare SPID, di chi si perde tra le notifiche su IO, di chi – magari per un verbale di 29 euro – deve attraversare il deserto burocratico senza bussola né acqua.
Anche in quel caso, come con la casa, non serve solo un link sul sito o una PEC. Serve una presa in carico, un orientamento, una parola detta con calma, una mediazione digitale capace di rendere la macchina pubblica meno ostile e più umana. Se l’amministrazione sa costruire un percorso come Habita Aosta, perché non applicare la stessa logica anche a chi riceve una multa e non sa nemmeno da dove cominciare per difendersi o pagare correttamente?
In un’Italia dove l’accesso ai diritti passa troppo spesso da una password o da un click, l’unico welfare che funziona davvero è quello che ascolta, accompagna e si adatta ai bisogni reali. Habita Aosta lo fa per l’abitare. Ora servono Habita Multa, Habita Sanità, Habita Digitale. Non sono slogan. Sono urgenze democratiche, e chi amministra ha già dimostrato di saperle affrontare – quando vuole davvero.





