C’è un luogo che nessuno può toccare, ma che tutti vedono: l’orizzonte. È lì, tra la terra e il cielo, tra ciò che conosciamo e ciò che ci supera, tra la polvere sotto i piedi e le stelle sopra la testa. Eppure, quell’apparente linea di confine è solo un’illusione: più ci avviciniamo, più si sposta. Proprio come accade quando proviamo a mettere in dialogo scienza e fede, due linguaggi che sembrano lontani ma, in fondo, parlano della stessa sete di senso.
È su questo affascinante confine che si muove "Una speranza tra cielo e terra", la serata organizzata dalla Diocesi di Aosta, in collaborazione con l’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta, in programma giovedì 31 luglio 2025 alle ore 21, presso la Biblioteca regionale di Aosta.
Ospite d’eccezione dell’incontro sarà don Luca Peyron, sacerdote torinese, teologo e astrofilo, autore del nuovo libro Sconfinato (San Paolo, 2025), seguito ideale del suo Cieli sereni (2023), in cui raccontava le sue esperienze di osservazione del cosmo con i giovani. Don Peyron non è uno scienziato nel senso accademico del termine, ma è un esploratore: del cielo e dell’animo umano. Crede, con convinzione contagiosa, che scrutare le galassie possa insegnarci qualcosa anche sulla nostra interiorità.
“Il cielo – scrive nel suo ultimo libro – non è inaccessibile, è abitabile. Non con i razzi, ma con il cuore e con la mente. E lo specchio più profondo del cosmo siamo noi stessi”.
Al suo fianco ci sarà Andrea Bernagozzi, ricercatore dell’Osservatorio astronomico valdostano, esperto di divulgazione scientifica e voce autorevole nel campo dell’astrofisica. Un uomo di scienza, ma non privo di poesia, che ha sempre saputo unire rigore scientifico e passione per l’infinito.
«Studiare il cielo – racconta Bernagozzi – significa lavorare con la luce più antica che esista. È un gesto tecnico, ma anche profondamente umano. Perché ogni volta che guardiamo lassù, ci poniamo le domande fondamentali: chi siamo, da dove veniamo, cosa c’è oltre?».
La serata non sarà una lezione accademica, ma un dialogo aperto. Non per trovare risposte assolute, ma per condividere l’incanto del domandarsi. Un invito, come dice il titolo, a ritrovare speranza, in un’epoca in cui le coordinate sembrano smarrite, tra crisi ambientali, paure sociali e ansia del futuro.
Ecco allora che il cielo torna utile non solo agli astrofisici, ma anche agli uomini di fede. Perché se la scienza misura distanze e temperature stellari, la fede offre strumenti per dare senso a quell’immensità.
Una stella può diventare segno, la luce può diventare parola, e un buco nero può ricordarci che esistono misteri da non forzare, ma da abitare con fiducia. Come scrive ancora don Peyron:
“Ogni stella che vediamo è una ferita nel buio. Eppure è proprio da quelle ferite che ci arriva la luce. È questo il mistero della speranza”.
Che sia la Diocesi di Aosta a promuovere questo evento non è casuale. In una regione dove il cielo è limpido e le montagne sembrano già un altare, il dialogo tra scienza e fede ha radici profonde. L’Osservatorio astronomico di Saint-Barthélemy, una delle eccellenze italiane del settore, non è solo un luogo di ricerca, ma anche un ponte verso la cittadinanza e le scuole.
Proprio in Valle d’Aosta si sperimenta da anni una divulgazione accessibile e coinvolgente, capace di unire le competenze scientifiche con il bisogno umano di senso. In questo senso, la serata del 31 luglio si presenta come una tappa simbolica, in cui cielo e terra si tendono la mano.
In un tempo in cui i saperi si polarizzano e si contrappongono, un evento come questo ricorda che la verità si costruisce insieme. Non c’è bisogno di scegliere tra telescopio e Vangelo: possiamo camminare tenendo in mano entrambi. Perché il cielo non ci chiede solo di guardare in alto, ma anche di guardare meglio dentro di noi.
E forse proprio lì, tra un’equazione cosmologica e una preghiera, tra una galassia lontana e un silenzio interiore, scopriremo che la speranza non è un’illusione: è una costellazione che ci guida.