ATTUALITÀ - 23 luglio 2025, 08:30

Clima impazzito, agricoltura dimenticata

Fra tagli europei, siccità ricorrenti e gelate improvvise, l’agricoltura di montagna è sempre più sola. Mentre i cambiamenti climatici accelerano, la programmazione regionale arranca e mancano misure strutturali per affrontare l’emergenza.

Clima impazzito, agricoltura dimenticata

Se il futuro dell’agricoltura italiana sembra compromesso dai tagli annunciati alla Politica agricola comune (PAC) e dal passaggio al Fondo Unico europeo, quello dell’agricoltura di montagna è a un passo dal baratro. A denunciare la situazione è Coldiretti Valle d’Aosta, che rilancia l’allarme: saranno oltre 770mila le aziende agricole italiane colpite dalla nuova impostazione dei fondi europei 2028-2034. Una scelta che mette a rischio non solo la competitività delle imprese, ma anche la sicurezza alimentare, la tutela del territorio e la qualità della produzione.

In Valle d’Aosta, dove il settore agricolo è storicamente legato alla valorizzazione delle aree interne, al mantenimento del paesaggio e al presidio ambientale, la preoccupazione è doppia. Da una parte i fondi comunitari che vengono ridimensionati; dall’altra, un contesto climatico sempre più ostile. Negli ultimi anni, gli agricoltori valdostani hanno dovuto affrontare inverni siccitosi, gelate tardive, grandinate improvvise e stress idrici sempre più frequenti. L’effetto? Raccolti incerti, aumento dei costi, difficoltà nel mantenere le colture tradizionali.

Ma a preoccupare è anche l’inerzia di chi dovrebbe mettere in campo una risposta. A oggi, mancano strumenti di programmazione adeguati e un piano climatico-agricolo regionale capace di accompagnare il settore nella transizione. Le imprese agricole non hanno certezze su assicurazioni contro eventi estremi, risorse per l’irrigazione sostenibile, sostegni per il rinnovo delle strutture. Si parla molto di “resilienza”, ma poco si investe in essa.

Il rischio, concreto, è che l’agricoltura diventi il capro espiatorio di scelte politiche miopi: si riducono i fondi europei per coprire altre voci di spesa e si trascurano le politiche locali di prevenzione e adattamento. Il risultato è che a pagare il conto sono sempre gli stessi: gli agricoltori, le famiglie rurali, i territori più fragili.

Non si tratta solo di salvare una voce di bilancio o qualche ettaro di prato stabile: si tratta di salvaguardare un modello di sviluppo sostenibile che ha garantito fino a oggi biodiversità, presidio territoriale e produzioni di qualità. E che rischia di sparire nel silenzio, soffocato da gelate, burocrazia e tagli.

jean-paul savourel

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