CRONACA - 21 luglio 2025, 08:00

Il parto che non ascolta: una lettera da Aosta

Un neo papà racconta con lucidità e dolore l’esperienza vissuta con la moglie all’ospedale di Aosta, tra travaglio estenuante, farmaci, decisioni imposte e un cesareo ottenuto solo dopo forti pressioni. Una testimonianza che accende i riflettori sulla gestione del parto e sul bisogno di ascolto nelle strutture pubbliche

Il parto che non ascolta: una lettera da Aosta

«Ho da poco per mia grandissima gioia avuto una bellissima figlia all’ospedale di Aosta», inizia così la lunga lettera di un giovane padre, che si è rivolto a noi per raccontare non solo la sua felicità, ma anche le profonde criticità che – a suo dire – ha dovuto affrontare insieme alla moglie nei giorni del parto. Una testimonianza diretta, sofferta ma non rabbiosa, che solleva dubbi pesanti su prassi e atteggiamenti in un momento tanto delicato come la nascita di un figlio.

«Quadro clinico di mia moglie prima del parto perfetto», scrive. Ma tutto cambia dopo la rottura delle acque: «36 ore di pre travaglio, contrazioni fortissime. Poi il nulla cosmico, aspettiamo 24h prima che il parto venga indotto, poca dilatazione, a tutti i costi vogliono farla partorire in maniera naturale». Un travaglio che diventa tortura, con la pressione della madre che sale, la bambina che perde i battiti, farmaci a raffica, tentativi su tentativi per evitare il cesareo.

«A quel punto non ci ho più visto e ho fatto un disastro – confessa – ho obbligato categoricamente tutti a farle fare un cesareo d’urgenza». La nascita della bambina, fortunatamente senza complicazioni, avviene solo dopo la sua insistenza. Ma il senso di impotenza, il disagio, il caos informativo rimangono.

«La mia più grande critica non va solo a quanto successo durante il parto vero e proprio, ma va anche al dopo, alla mancanza di empatia e di pazienza da molte figure dello staff. 

Alla mancanza a volte anche di un sorriso e di una parola gentile. 

Genitori non si nasce, ci si diventa, ma i primi giorni sono i più importanti. Le informazioni date sono poche e ben confuse, in base a chi trovi di turno. 

Le mamme sono lasciate spesso in balia di loro stesse, non c’è più il nido che tiene i bambini anche solo per 5 minuti per far riposare le mamme. La filosofia è: si devono arrangiare. 

L’accusa è quella di un’organizzazione sanitaria priva di coerenza, dove la gestione del parto appare più come una corsa a ostacoli che un percorso di cura condiviso e rispettoso della donna.

Non c’è livore nella lettera. C’è invece il bisogno profondo di essere ascoltati, per sé ma anche per gli altri. «Non sono il primo», scrive. «Ai papà non viene concessa la possibilità di stare con le mogli appena dopo un intervento, non è permesso dormire su una sedia accanto alla moglie nemmeno durante il pre travaglio anche se lunghissimo e doloroso e con mille difficoltà fuori orario». Un’esperienza non isolata, che – sottolinea – potrebbe scrivere “due libri” su quanto visto e vissuto.

E poi il passaggio più duro e chiaro: «Vorrei far luce su tutto quello che viene raccontato e detto purtroppo solo a parenti e intimi, ma è una realtà purtroppo che non va nascosta». Il riferimento alla recente morte di una neonata ad Aosta è forte ma trattenuto, non ci sono giudizi o accuse dirette, solo l’invito a non tacere: «Non parliamo di colpe e non faccio nomi ma è vergognoso come nel 2025 la sanità sia affidata a persone che hanno in mano la tua vita e la trattano come se fosse una scommessa a chi fa nascere più bambini senza tagliare».

La conclusione della lettera è un colpo al cuore: «Ormai sono il papà più felice del mondo… quindi la rabbia non ce l’ho più dal momento che ho visto in faccia mia figlia». Ma quella che resta, confessa, è «la paura per quei papà che in preda all’emozione e all’insicurezza magari non battono i piedi, a quelle mamme che magari sono in difficoltà». E un appello, quasi sommesso ma chiarissimo: «Spero che potrete dar forza alla mia voce e che altri papà come me possano magari affidarsi ad altre strutture più competenti e dove la voce e la volontà della mamma siano ascoltate. 

Concludo ringraziando dal profondo del cuore chi invece fa questo lavoro con passione ed empatia, chi regala e chi ci ha regalato emozioni sussurrandoti nell’orecchio nei momenti difficili parole di conforto. 

Genitori si diventa ma MEDICI SI NASCE»”

È una lettera che parla con il cuore e con la testa. Che non cerca vendetta ma rispetto. Che non chiede punizioni, ma attenzione. E che ci obbliga, come cittadini e come giornalisti, a non girarci dall’altra parte.


 

pi.mi.

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