Non sappiamo se sia il caldo, il plenilunio o l'effetto retroattivo della banda ultralarga, ma in Regione si respira un’aria strana. I corridoi sussurrano, gli uffici sussultano, ma nessuno sa bene perché. Le segretarie parlano sottovoce, i dirigenti sbuffano, e i politici... beh, quelli continuano a fare finta di lavorare, anche se ogni tanto cliccano con convinzione sul mouse senza sapere cosa stanno aprendo.
C’è chi giura di aver visto un assessore tentare di accendere il computer con il badge. Non diciamo chi, ma pare che abbia pure chiesto: “Serve la SPID anche per entrare su Word?”.
Nel frattempo, dopo il redazionale “Mot de passe, casse-tête”, c’è stato il panico nei corridoi del Palazzo. Qualcuno, temendo un attacco hacker, ha chiesto che venisse disattivata la rete wi-fi per sicurezza. Un altro – consigliere di lungo corso, noto per la sua familiarità con la macchina da scrivere Olivetti – ha proposto di tornare alla posta pneumatica, “che non ti ruba i dati e ti fa pure ginnastica”.
In mezzo al panico digitale, però, una voce si è alzata. È quella dell’AVCU, l’associazione dei consumatori, che ha proposto una cosa talmente sensata da sembrare rivoluzionaria: assumere dei facilitatori digitali stabili nei CAF. Roba seria, insomma. Così seria che il SAVT sta valutando se inserirla nel contratto collettivo... oppure in un bando per l’accompagnamento spirituale del cittadino davanti al portale INPS.
Certo, spiegare tutto questo a certi assessori non è semplice. Per molti di loro, “cloud” è ancora una nuvola e “app” è l’abbreviazione di “appaltino amichevole”. E attenzione: non è che non capiscono, è che non vogliono capire, perché se la gente si sveglia e chiede assistenza vera, poi a chi danno la colpa? Al digitale, ovvio.
E ora veniamo a quel poco di politica che c’è. Ma buono. Si è finalmente sbloccato il concorso per operatori socio-sanitari: una svolta attesa da mesi, forse anni, forse da Napoleone. I candidati sono più delle capre di un alpeggio e i posti meno delle sedie buone in Sala Maria Ida Viglino. Ma va bene così, è la selezione darwiniana della burocrazia.
Dietro le quinte, però, si dice che qualcuno stia già cercando “chi conosce qualcuno” per “avere due dritte”. Un classico. In Valle d’Aosta più che i punteggi contano i cognomi, le affinità elettive, e – quando tutto va male – il santo protettore del segretario della commissione esaminatrice.
Nel frattempo, nel municipio di Aosta, il clima è torrido. Ma non solo per il meteo. Dopo la polemica sulla riscossione delle multe esternalizzata, la vicesindaca (nome noto, spirito meno) si è chiusa in un silenzio meditativo che ha fatto impallidire perfino le monache di clausura. “Non commento”, ha detto. Tradotto dal politichese: “Non so cosa dire, ma nemmeno cosa ho fatto.”
E intanto i cittadini continuano a ricevere cartelle salate da una società di fuori, mentre al Comune si parla di “ottimizzazione dei processi”. Ottimizzare cosa, Piero? Il fastidio dei contribuenti o la distanza tra politica e realtà?
Chiudiamo con una nota più frivola. Pare che un ex consigliere regionale, noto per i completi blu cobalto e le battute da cabaret, sia stato visto passeggiare per il centro con un tablet sottobraccio, come fosse un ventaglio. Alla domanda: “Ma lo usi?”, ha risposto: “No, però fa scena.” E in fondo, cos’è la politica valdostana se non una scena teatrale con pochi attori e tantissimi suggeritori?
Alla prossima indiscrezione. E ricordate: noi vegliamo, noi tombiniamo.





