Il prezzo delle scelte atlantiste di Meloni e Salvini lo pagano gli italiani. Altro che interesse nazionale.
Se è vero che i veri amici si vedono nel momento del bisogno, allora Donald Trump può stare tranquillo: Giorgia Meloni e Matteo Salvini sono già pronti a sostenerlo, anche a costo di sacrificare qualche interesse nazionale. Ma come spesso accade nella politica internazionale, l'amicizia costa. E nel caso italiano, costa parecchio. A pagare, naturalmente, non sono i leader, ma i cittadini.
Nell’estate del 2024, mentre l’Europa cercava con difficoltà di riorganizzare la propria agenda comune, Meloni volava a Washington per stringere mani e seminare consensi tra i repubblicani trumpiani, convinta di trovarsi dalla parte giusta della Storia. Salvini, dal canto suo, ha sempre avuto parole al miele per “The Donald”, elevandolo a modello di sovranismo muscolare. Ora che le presidenziali americane si avvicinano, il governo italiano sembra già allinearsi con l'ipotesi di un ritorno di Trump alla Casa Bianca. E intanto, cosa succede a casa nostra?
Succede che l'Italia si ritrova più isolata sul piano europeo, sospesa tra l’inconsistenza diplomatica e l’ipocrisia strategica. Mentre Francia e Germania cercano un equilibrio con la nuova Commissione e tessono rapporti istituzionali solidi con l’amministrazione Biden ancora in carica, noi ci esponiamo al rischio di essere percepiti come un cavallo di Troia trumpiano nel cuore dell’Europa. Non proprio l’ideale per difendere il nostro export, la nostra sicurezza energetica, e la nostra credibilità nei dossier internazionali.
E poi c’è il costo concreto. Perché la subordinazione acritica agli interessi USA, in chiave militare ed economica, ha già conseguenze tangibili: aumento delle spese per la difesa, coinvolgimento crescente nel riarmo Nato, tagli mascherati in sanità e istruzione, mentre si finanziano missili e droni in nome di una “difesa comune” che, tradotto, significa “fare quello che dice Washington”.
Siamo sicuri che sia questa la priorità del Paese?
Gli italiani intanto pagano. Pagano in bolletta, pagano al supermercato, pagano con un welfare sempre più fragile. E pagano anche con un’informazione addomesticata, dove la politica estera viene ridotta a scenografia e propaganda.
Ma l'amicizia con Trump – se amicizia è – sarà davvero ricambiata?
Perché l’America First di ieri potrebbe essere l’America Only di domani. Trump non ha mai avuto remore a trattare gli alleati europei da parassiti: lo ha fatto con la Germania, lo ha fatto con la Nato, lo farà ancora. Pensare di “giocare d’anticipo” schierandosi per tempo non è visione strategica: è provincialismo servile.
In tutto questo, ci sarebbe anche una Costituzione da onorare, quella che riconosce la pari dignità tra le nazioni e il ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie. Ma evidentemente, per Meloni e Salvini, valgono di più le strette di mano con i potenti che le promesse fatte ai cittadini.
L’"amicizia" con Trump costa. Costa in dignità, in autonomia, in coerenza. Costa cara. E a pagare, come sempre, siamo noi.
L'amicizia costa
Ce sont les Italiens qui paient le prix des choix atlantistes de Meloni et Salvini. On est bien loin de l’intérêt national.
S’il est vrai que l’on reconnaît ses vrais amis dans les moments difficiles, alors Donald Trump peut dormir sur ses deux oreilles : Giorgia Meloni et Matteo Salvini sont déjà prêts à le soutenir, même au prix de quelques sacrifices pour l’intérêt national. Mais, comme souvent en politique internationale, l’amitié a un prix. Et dans le cas de l’Italie, ce prix est élevé. Ce ne sont évidemment pas les dirigeants qui le paient, mais les citoyens.
À l’été 2024, alors que l’Europe tentait laborieusement de réorganiser son agenda commun, Meloni s’envolait pour Washington, serrant des mains et récoltant des faveurs parmi les républicains trumpistes, convaincue d’être du bon côté de l’Histoire. Salvini, quant à lui, n’a jamais caché son admiration pour “The Donald”, qu’il érige en modèle de souverainisme musclé. Et maintenant que les élections présidentielles américaines approchent, le gouvernement italien semble déjà s’aligner sur l’hypothèse d’un retour de Trump à la Maison Blanche. Mais pendant ce temps-là, que se passe-t-il chez nous ?
Il se passe que l’Italie se retrouve plus isolée sur le plan européen, suspendue entre inconsistance diplomatique et hypocrisie stratégique. Tandis que la France et l’Allemagne cherchent à trouver un équilibre avec la nouvelle Commission européenne et renforcent leurs liens avec l’administration Biden encore en place, nous prenons le risque d’être perçus comme le cheval de Troie trumpiste au cœur de l’Europe. Pas vraiment l’idéal pour défendre nos exportations, notre sécurité énergétique et notre crédibilité sur les grands dossiers internationaux.
Et il y a aussi le prix concret. Car cette soumission aveugle aux intérêts des États-Unis, dans les domaines militaire et économique, produit déjà des effets tangibles : augmentation des dépenses militaires, implication croissante dans le réarmement de l’OTAN, coupes déguisées dans la santé et l’éducation, pendant qu’on finance missiles et drones au nom d’une « défense commune » qui, en réalité, signifie « faire ce que Washington dicte ».
Sommes-nous vraiment sûrs que c’est là la priorité du pays ?
En attendant, les Italiens paient. Ils paient leurs factures, ils paient plus cher au supermarché, ils paient avec un État social de plus en plus fragile. Et ils paient aussi avec une information domestiquée, où la politique étrangère n’est plus qu’un décor de propagande.
Mais l’amitié avec Trump – si c’est bien une amitié – sera-t-elle vraiment réciproque ?
Car l’America First d’hier pourrait bien devenir l’America Only de demain.