È volato via un pezzo di Valle d’Aosta, ma anche di quell’Italia gentile e sapiente che Cesare Verlucca ha contribuito a raccontare in oltre mezzo secolo di vita: è morto nei giorni scorsi, lasciando un’eredità che vive nei suoi libri, nei percorsi tracciati, nei sorrisi raccolti lungo la strada delle sue ricerche.
Nato a Ivrea nel 1927, Verlucca divenne presto un appassionato narratore di territori, antiche leggende e bellezze nascoste. Autore di guide storiche e culturali, fu anche curatore di mappe, itinerari e saggi che diffusero la conoscenza della Valle d’Aosta ben oltre i confini regionali. Le sue pubblicazioni, tutte vibranti di rispetto per la natura alpina e per il patrimonio identitario locale, hanno accompagnato generazioni di camminatori, studiosi e semplici curiosi.
Chi lo ha incontrato ricorda il sorriso gentile – la sua “firma”, come amava definirla – la capacità di ascoltare e di trasmettere, la passione per la narrazione che faceva di ogni lettura un’esperienza. “Ogni pietra ha una storia da raccontare”, ripeteva spesso, trasformando sentieri e monumenti in pagine vive di un libro da esplorare.
Cesare Verlucca non fu solo autore. Nei suoi ruoli di editore-artigiano, organizzatore di presentazioni e relatore, contribuì a valorizzare la cultura valdostana anche in Italia: forum, incontri, collaborazioni con enti locali, pro loco, cooperative culturali. La sua voce, pacata e insieme determinata, traspariva a ogni presentazione, rendendo ogni libro un ponte tra generazioni e territori.
Tra i suoi capolavori, spiccano le guide escursionistiche ai sentieri alpini, le raccolte di storie locali e i volumi in cui storia, geografia e poesia si intrecciano per raccontare la vita quotidiana di valli, borghi e montagne. Messaggi che oggi suonano come un invito a non dimenticare il valore della memoria – quella collettiva e personale – e il legame profondo tra luoghi e identità.
Amici, colleghi e semplici lettori ricordano quella garbata ospitalità con cui rispondeva a chi scriveva cercando consigli o racconti. Il suo sorriso calmo e accogliente rappresentava la migliore edizione di sé: “Non scrivo per lasciare un segno eterno”, amava confessare. “Scrivo perché credo che la conoscenza renda liberi e felici.” E la sua opera, raccolta in decine di volumi, dimostra proprio questo: la bellezza di ogni giorno, raccontata, condivisa, vissuta.
Cesare Verlucca lascia in eredità un patrimonio di parole e riflessioni, di percorsi segnalati sulle mappe e di immagini che restano nel cuore. La sua “editoria umana” – come amava definirla – incarnava un ideale alto: la cultura come strumento di conoscenza e di comunità, non come semplice prodotto.
Oggi, mentre lo saluta la sua Ivrea natale e la comunità valdostana che ha tanto ammirato il suo lavoro, resta una certezza: la sua voce continua a risuonare nei suoi libri, nei sentieri che ha percorso, nelle storie che ha narrato. L’eredità di Cesare Verlucca non appartiene a una pagina nomenclatoria o a una collana: è viva, e cammina con chi vorrà continuare a guardare la propria terra con la cura e la tenerezza che solo un narratore saggio sa offrire.