CRONACA - 16 giugno 2025, 09:45

Sicurezza stradale, Fiab controcorrente: ‘Basta colpe alle vittime’

Dopo l’incidente di Gressan, Fiab Fiab lancia l’allarme responsabilità

Natale Dodaro

Natale Dodaro

L’ennesimo incidente in cui un ciclista ha avuto la peggio riaccende i riflettori sulla sicurezza stradale e sul comportamento degli automobilisti. A prendere posizione è Natale Dodaro, presidente di Fiab Aosta à Vélo, che in una nota senza giri di parole punta il dito contro quella che definisce una “cultura dello scaricabarile”, dove si tende a colpevolizzare tutto e tutti tranne chi è effettivamente alla guida.

Il fatto è noto: mercoledì scorso, 11 giugno, a Gressan, un giovane ciclista è stato coinvolto in un sinistro stradale. Le sue condizioni non sono gravi, per fortuna, ma la riflessione che ne nasce è tutt’altro che leggera. “Finché a parole si continuerà a dare la colpa a oggetti inanimati o, peggio, alle vittime stesse – scrive Dodaro – non ci sarà quella presa di coscienza necessaria per capire che velocità, distrazione e comportamenti contrari al codice della strada sono letali per gli utenti deboli”.

Parole forti, che toccano un nervo scoperto. Perché, in effetti, ogni volta che un ciclista finisce sotto una macchina, si attiva una narrazione collaudata: “Non l’aveva visto”, “stava andando veloce”, “forse era distratto lui”. Raramente si parte dalla responsabilità oggettiva di chi conduce un veicolo a motore. Eppure, come ricorda Fiab, “è nella maggior parte dei casi l’automobilista a generare la condizione di pericolo, spesso per eccesso di velocità o distrazione”.

Questa dinamica, sottolinea l’associazione, non è casuale ma culturale. E richiama un’abitudine tutta italiana: cercare giustificazioni a valle, quando sarebbe il caso di agire a monte. E a monte c’è il rispetto delle regole, la consapevolezza del rischio, e la considerazione che ogni ciclista, ogni pedone, ogni bambino che attraversa è un essere umano vulnerabile.

Il messaggio, allora, è semplice quanto urgente: cambiare mentalità. E per farlo, serve che chi guida cominci a sentirsi parte di una comunità, non padrone della strada. Perché solo così, forse, potremo parlare davvero di sicurezza.

pi.mi.

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