È scontro aperto sulla gestione dei rifiuti in Valle d’Aosta, con la discarica di Brissogne sempre più vicina al collasso. In un comunicato congiunto dai toni netti e senza sconti, Valle Virtuosa, Legambiente Valle d’Aosta e ISDE Valle d’Aosta (Medici per l’Ambiente) si scagliano contro quella che definiscono “una narrazione fuorviante”: l’idea, tornata a circolare anche per bocca di un rappresentante sindacale, secondo cui l’attuale emergenza sarebbe figlia del referendum del 2012, quando i valdostani bloccarono con un voto popolare la costruzione di un inceneritore.
“È una tesi semplicistica e profondamente fuorviante – attaccano le tre sigle ambientaliste – che vogliamo smentire con forza. La vera responsabilità sta nell’assenza di politiche efficaci di riduzione, raccolta differenziata e giustizia tariffaria”.
Nel documento, intitolato “Emergenza discarica: non è colpa del referendum ma di scelte politiche sbagliate”, si respinge l’idea dell’inceneritore come soluzione mancata. Al contrario, viene sottolineato come impianti del genere “non fanno sparire i rifiuti, ma li trasformano in ceneri e gas tossici che finiscono nell’aria che respiriamo”.
Un inceneritore, spiegano, produce circa il 30% di ceneri rispetto al peso iniziale dei rifiuti, molte delle quali “devono essere smaltite in Germania in cave dismesse di salgemma, come le scorie nucleari”. A questo si aggiunge “l’immissione nell’atmosfera di diossine, furani, metalli pesanti e polveri sottili”, sostanze che – in una valle chiusa come quella di Aosta – “non si disperderebbero ma verrebbero inalate da tutta la popolazione. Ce la saremmo respirata”.
Il comunicato allarga lo sguardo agli effetti sistemici: “Gli inceneritori ostacolano l’economia circolare: distruggono risorse recuperabili, emettono gas climalteranti e vincolano per decenni a conferire tonnellate minime, frenando la raccolta differenziata”, si legge nel documento.
Una pratica, quella della combustione dei rifiuti, che “contrasta con i principi europei sull’economia circolare e con gli obiettivi di riduzione dei rifiuti non riciclabili previsti dal Piano regionale”.
Per le tre associazioni, il vero errore politico è stato ignorare la strada della sostenibilità. “Se in questi dodici anni la Regione avesse promosso una raccolta porta a porta con tariffazione puntuale, come previsto dalla normativa vigente, oggi potremmo superare l’85% di differenziata”, spiegano. E aggiungono: “Molti comuni italiani lo dimostrano ogni giorno, con risultati eccellenti, minori costi e maggiore giustizia ambientale”.
Oltre alle politiche mancate, le associazioni puntano il dito contro la gestione economica del ciclo dei rifiuti. “Da anni denunciamo la politica tariffaria inadeguata adottata dal gestore della discarica di Brissogne”, si legge. Il sistema attuale, accusano, “non premia adeguatamente i territori (subATO) che investono nella raccolta differenziata domiciliare”.
Ecco le richieste messe nero su bianco:
più trasparenza nelle tariffe;
incentivi economici a chi differenzia meglio;
piena applicazione dei principi “chi inquina paga” e “chi ricicla risparmia”.
Le parole più forti arrivano nella parte conclusiva del comunicato, che si trasforma in una dichiarazione di orgoglio civile e denuncia politica: “Il referendum del 2012 non è stato un errore, ma un atto di lungimiranza collettiva per la salute pubblica. Non è il no all’inceneritore ad averci portato sull’orlo del baratro, ma l’assenza di volontà politica di costruire un sistema sostenibile”.
Infine, le associazioni chiedono alla Regione “una strategia coraggiosa e coerente”, che ponga al centro la riduzione dei rifiuti, la giustizia tariffaria e la salvaguardia ambientale.