Chez Nous - 14 giugno 2025, 08:00

Autonomie monolingue

Autonomia monolingue

Autonomie monolingue

In Valle d’Aosta, terra orgogliosamente autonoma e ufficialmente bilingue, succede che un’istituzione pubblica – l’Università della Valle d’Aosta – finanziata interamente dalla Regione, guidata da un Consiglio in cui siedono il Presidente della Regione e l’Assessore alla Cultura, comunichi quasi esclusivamente in italiano. Un paradosso? No, purtroppo, una realtà ormai normalizzata, tollerata, persino giustificata da chi avrebbe invece il dovere di difendere il carattere distintivo della nostra autonomia: la lingua.

Sì, perché se l’autonomia ha un senso, quel senso si misura anche – e soprattutto – nei dettagli quotidiani, nei gesti concreti, nei simboli vivi. E la scelta delle lingue non è mai neutra: o rafforza una cultura o la indebolisce. E se nel caso dell’università valdostana si comunica solo in italiano, mentre i dipendenti percepiscono comunque l’indennità di bilinguismo, qualcosa evidentemente non torna.

Il problema non è solo formale: è culturale. È un segnale di abbandono, di progressiva rinuncia alla specificità che dovrebbe rendere la nostra regione diversa, viva, autenticamente autonoma. Non si tratta di pretendere un bilinguismo di facciata, da esibire solo quando serve una spruzzata folkloristica; si tratta di vivere e rendere visibile, in modo costante, l’impegno per la tutela e la trasmissione del francese come lingua viva.

E invece no. Oggi, chi studia il francese in Valle d’Aosta spesso lo fa per dovere scolastico o per affinità personale, ma fatica a usarlo. Mancano gli spazi, mancano gli interlocutori, manca la volontà politica di costruire una comunità realmente bilingue. C’è chi si impegna ad apprendere il francese, chi lo coltiva con passione, ma trova difficoltà enormi nel praticarlo. Perché se nessuno ti risponde in francese, se nessuna istituzione – nemmeno quella che forma i futuri cittadini e professionisti – lo usa nei suoi atti pubblici, il francese diventa lingua morta. Lingua museale. Lingua da cerimonia.

Ed è proprio questo il rischio che stiamo correndo: trasformare l’autonomia in un simulacro, in una formula svuotata di senso. Perché non si può essere realmente autonomi se si accetta di essere culturalmente uniformati. L’autonomia non è una cornice vuota, non è un’etichetta, ma un progetto vivo, fatto anche – e soprattutto – di lingua, cultura, identità.

A questo punto la domanda è semplice: vogliamo davvero difendere l’autonomia valdostana, o ci accontentiamo di gestirla in italiano? (ha collaborato Jean-Paul Savourel)

Autonomia monolingue

En Vallée d’Aoste, l’autonomie est une richesse reconnue, un droit inscrit dans les institutions, un moteur pour préserver notre identité unique. Pourtant, quand on regarde de plus près certaines de nos structures publiques, comme l’Université de la Vallée d’Aoste, un paradoxe saute aux yeux : malgré un financement régional conséquent, la présence officielle de la Région au conseil d’administration et même un vice-président issu du gouvernement régional, la langue française, pilier de notre bilinguisme, est étrangement absente des communications officielles.

L’Université diffuse principalement ses communiqués en italien, alors que ses employés bénéficient d’une indemnité pour le bilinguisme. Ce décalage n’est pas qu’une question de forme, mais un symptôme préoccupant d’un recul culturel qui met à mal l’esprit même de notre autonomie.

Par ailleurs, il y a ceux qui ne maîtrisent pas encore bien le français, mais qui s’efforcent chaque jour de l’apprendre et de le pratiquer. Le problème, c’est que les interlocuteurs francophones se font rares, ce qui rend presque impossible de maintenir cette langue vivante dans la vie quotidienne et professionnelle.

Ce manque d’usage réel crée un cercle vicieux : moins on parle français, moins il est valorisé, et moins il est enseigné et transmis. Une véritable tragédie pour une région où le bilinguisme devrait être une force, un trait d’identité inaliénable.

L’autonomie valdôtaine ne peut pas se réduire à une gestion administrative ou à un simple jeu politique. Elle doit être vécue, pratiquée, portée par tous, à commencer par nos institutions les plus représentatives. Le français n’est pas un luxe, ni une option : c’est un droit, un héritage culturel, un pont entre le passé et l’avenir de la Vallée.

Il est temps que l’Université et la Région s’engagent vraiment à respecter et promouvoir ce patrimoine linguistique. Sinon, notre autonomie ne sera qu’un monologue en italien, une autonomie monolingue, loin des ambitions et des promesses qui l’ont fondée. (a collaboré Jean-Paul Savourel)

piero.minuzzo@gmail.com

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