CRONACA - 29 maggio 2025, 20:55

Aosta non si piega: mentre certi media contano “50 persone”, la folla grida giustizia per Gaza

Altro che sparuto gruppetto: il corteo che ha attraversato Aosta era un fiume di rabbia e solidarietà, ignorato dalle istituzioni e minimizzato da certa stampa complice. Mestoli, fischietti, bandiere e coscienze sveglie hanno dato voce al massacro taciuto: 15.000 bambini uccisi, una catastrofe umanitaria senza precedenti, e un governo italiano che si volta dall’altra parte. Ma da Aosta, grazie al BDS, parte una risposta: “Basta sangue, due popoli due Stati, subito!”

Aosta non si piega: mentre certi media contano “50 persone”, la folla grida giustizia per Gaza

Mentre la strage di Gaza continua sotto gli occhi chiusi del mondo e le bocche cucite di un governo prono alla ragion di Stato israeliana, Aosta ha alzato la voce. Non una “cinquantina di persone” come sussurrano certi resoconti asserviti, ma una folla vera, viva, composita, pulsante, che ha attraversato il centro città come un torrente in piena, armato di padelle, mestoli e coscienze. Altro che “presidi simbolici”: questa è stata una marcia di denuncia, di rottura, di dignità.

La manifestazione, promossa dal gruppo BDS Valle d’Aosta, è partita nel tardo pomeriggio di mercoledì 28 maggio da Piazza della Repubblica e ha raggiunto l’Arco d’Augusto, attraversando le strette vie del centro di Aosta con slogan, fischietti, bandiere palestinesi e – soprattutto – la voglia di non restare complici. Mentre i nostri governanti brindano con chi bombarda ospedali e lascia morire di fame i bambini, qui si è fatto rumore per chi non ha più voce.

“Mi pare chiaro che si tratta di una manifestazione come da tempo non si vedeva in Valle d’Aosta – ha dichiarato Francesco Lucat, tra gli organizzatori – per il numero di partecipanti e per l’intensità della partecipazione. Un torrente rumoroso ha attraversato il centro della città, raccogliendo gli applausi e l’approvazione di chi li guardava. Un evento assolutamente fuori dall’ordinario, dove è stato sottolineato con forza il totale silenzio delle istituzioni a qualsiasi livello, regionale e comunale.”

In prima fila non solo bandiere della pace, ma soprattutto pentole vuote, simbolo delle madri palestinesi che non hanno più cibo da cucinare. A far eco al corteo, anche l’allarme rilanciato da Save the Children: “14.000 bambini rischiano di morire di fame se gli aiuti salvavita non entreranno subito”. Un dato agghiacciante che dovrebbe fare tremare le poltrone, e invece tutto tace.

Il silenzio è l’arma più letale. È il fumo che copre le macerie. È la complicità mascherata da neutralità. Mentre Netanyahu firma un massacro che la Storia non potrà perdonare, e Meloni gira la testa, ad Aosta si è scelto di guardare in faccia la tragedia. E denunciarla. Senza mezzi termini, senza diplomazie da salotto.

Questa è la Valle che resiste, che non accetta la narrazione tossica di chi riduce il dolore di un popolo a “problema di ordine pubblico” o “conflitto eterno”. È tempo di dire basta. Basta sangue, basta menzogne, basta indifferenza. Due popoli, due Stati, adesso. Non domani, non quando sarà politicamente comodo. Adesso.

Se c’è una speranza, è che il grido lanciato da Aosta – piccolo, sincero, coraggioso – possa contagiare le coscienze assopite. E che il vento della verità, partito dalle Alpi, possa abbattere il muro della propaganda. E se davvero una trattativa – come annunciano voci d’Oltreoceano – sta per partire, che sia sotto il segno della giustizia e dell’umanità, non della convenienza.

Ieri la Valle d’Aosta ha dato una lezione: non serve essere milioni per avere ragione. Basta essere dalla parte giusta della Storia.

pi.mi.

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