CULTURA - 21 maggio 2025, 15:00

“Raccontare la Valle d’Aosta è un atto politico”: dialogo con Joseph Gabriel Rivolin

“Notre histoire – La nostra storia” di Joseph Rivolin è un compendio che restituisce l’identità della Valle d’Aosta come laboratorio politico, culturale e civile. L’autonomia, spiega, è una sfida che ogni generazione deve rinnovare

Rivolin (a sn) alla presentazione del libro con Alessandro Celi

Rivolin (a sn) alla presentazione del libro con Alessandro Celi

“Notre histoire – La nostra storia” non è solo un libro di storia. È una dichiarazione d’intenti. È una bussola per chi, nella complessità del presente, sente il bisogno di ritrovare le coordinate profonde della Valle d’Aosta. Ne parliamo con l’autore, Joseph Gabriel Rivolin, storico e direttore dell’Archivio storico regionale, in un momento in cui la memoria e l’identità assumono una nuova urgenza. 

Il tuo libro si presenta come un “compendio agile”, ma traspare la profondità di un lungo lavoro di ricerca. È una sorta di restituzione del tuo percorso storico?
“Assolutamente sì. Ho voluto scrivere un libro accessibile, ma frutto di decenni di lavoro agli Archivi storici regionali, di letture e scoperte personali. Il mio intento è mettere a disposizione questo patrimonio a chi oggi vuole capire meglio chi siamo e da dove veniamo.”

Alessandro Barbero ha apprezzato come il tuo testo riesca a essere divulgativo senza scadere nella celebrazione enfatica. Quanto è difficile raccontare la propria terra mantenendo rigore e autenticità?
“È una sfida, certo. Ma si può fare se si adotta un metodo rigoroso. Barbero stesso è un maestro in questo: riesce a essere chiaro e coinvolgente senza cedere a toni trionfalistici. Anche io ho cercato di evitare quell’enfasi, mantenendo però un forte senso di appartenenza. Non volevo difendere la Valle, ma restituirle la sua complessità e densità storica.”

Nel libro citi spesso intellettuali valdostani del passato. Quali nomi metteresti idealmente in copertina?
“Sono tanti, ma simbolicamente direi almeno tre: Jean-Baptiste de Tillier, primo storico autentico della Valle; Émile Chanoux, che ha concepito l’autonomia come un progetto di civiltà; e il mio maestro Lin Colliard, che ha portato la nostra storia su binari rigorosamente scientifici, seguendo anche la lezione di Mgr Aimé-Pierre Frutaz.”

Rivolin con Alessandro Barbero

Una delle parti più originali è quella sul Medioevo. Perché è così centrale?
“Perché lì si costruisce gran parte del nostro ‘DNA’ istituzionale. In quel periodo si consolidano le autonomie locali, nascono i primi strumenti di autogoverno e la dinastia Savoia comincia a imporsi. Capire questo processo – che spesso si legge solo in chiave nazionale – significa comprendere la specificità della Valle d’Aosta: una comunità capace di autogovernarsi e negoziare con il potere centrale.”

Questa visione sembra dialogare con quanto dice Barbero sul ruolo delle istituzioni locali come incubatori di cittadinanza. Sei d’accordo?
“Sì, lo dico da storico e da cittadino. Le istituzioni locali non sono solo burocrazia, sono cultura, mentalità, una scuola di responsabilità. L’autonomia non è un privilegio ma una forma di maturità collettiva. Barbero lo ha detto più volte: la democrazia locale è il primo luogo in cui si impara la politica come servizio.”

Il libro dedica attenzione anche all’economia, un tema poco esplorato dagli storici valdostani. Perché?
“Purtroppo è vero, è un vuoto che sentivo. Le fonti sono scarse, ma ho voluto ricostruire le grandi dinamiche: la montagna non è solo resistenza, ma anche innovazione, lavoro, scambio. Guardare la storia sotto questo aspetto aiuta a smontare stereotipi e a dare dignità alla fatica quotidiana della nostra gente.”

Il libro si chiude nel 2000 con la nascita dell’Università della Valle d’Aosta. È una scelta simbolica?
“Molto simbolica. L’Università rappresenta un traguardo ma anche un nuovo inizio. Segna la fine di un’epoca pre-digitale e pre-globale. L’anno successivo, con l’11 settembre, tutto cambia. Viviamo un’epoca incerta, che Papa Francesco ha definito ‘terza guerra mondiale a pezzi’. In questo caos, conoscere la nostra storia diventa un atto di resistenza e speranza.”

Hai detto che il libro è “un atto politico”. Cosa intendi?
“Nel senso più alto del termine. Raccontare la storia della propria comunità è un gesto politico: significa affermare che esistiamo, che abbiamo una voce. Non è rivendicazione ma dignità, e trasmettere questa consapevolezza alle nuove generazioni.”

Cosa diresti ai giovani valdostani dopo la lettura del libro?
“Che l’autonomia non è un fatto del passato, ma una sfida continua. Ogni generazione deve reinventarla, capirla, preservarla. Conoscere la storia è il primo passo per non tradirla.”

Progetti futuri?
“Forse approfondire il rapporto della Valle con le grandi crisi del Novecento. Ma prima di tutto, spero che il libro trovi lettori e stimoli dibattiti. Solo così la nostra storia resterà viva.”

Merci

piero.minuzzo@gmail.com

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