Approvato il Piano faunistico-venatorio 2025-2030: sei anni di gestione della fauna selvatica sotto il segno dell’equilibrio (ricercato)
Dopo un percorso avviato nel 2023 e durato due anni, il Piano regionale faunistico-venatorio 2025-2030 ha ricevuto il via libera dall’Aula consiliare. Con 22 voti favorevoli e 10 astensioni, il documento, che aggiorna il precedente risalente al periodo 2008-2012, diventa ora il nuovo riferimento per la tutela e la gestione della fauna selvatica in Valle d’Aosta. Nessun voto contrario, ma l’assenza dell’unanimità riflette posizioni tutt’altro che allineate.
I favorevoli:
Tra chi ha espresso voto favorevole, emerge un giudizio complessivamente positivo su un lavoro considerato «tecnico, partecipato e aggiornato». La tutela della biodiversità, la regolamentazione del prelievo venatorio, il ruolo delle circoscrizioni e l’attenzione alla convivenza fra fauna selvatica e attività agricole sono stati elementi chiave nel sostenere il Piano. Il documento prevede, tra le altre cose, la zonizzazione del territorio in aree protette e venatorie, programmi di conservazione per le specie autoctone, indicazioni per la gestione dei cervidi e galliformi alpini, e perfino scenari per il controllo dello stambecco. La proposta di aprire alla possibilità di caccia selettiva a questa specie, supportata anche da Ispra, ha trovato una maggioranza trasversale.
I perplessi:
Astenuti ma non silenziosi, alcuni consiglieri hanno sollevato dubbi di merito. Il cuore delle perplessità ruota intorno alla gestione del lupo, considerata “superficiale”, e alla mancanza di dati aggiornati su alcune specie chiave come marmotte e caprioli. Il capriolo, ad esempio, avrebbe visto il proprio numero dimezzarsi negli ultimi anni, passando da seimila a tremilacinquecento esemplari. Le circoscrizioni venatorie, pur confermate, vengono giudicate in alcuni casi troppo penalizzate da piani di abbattimento scarsamente sostenibili. Il Piano, secondo i critici più cauti, è troppo ancorato a uno schema teorico e poco aderente alle sfide attuali: gestione dinamica, adattamento alle nuove presenze faunistiche e una strategia concreta sulla coesistenza restano ambiti da rafforzare.
I contrari (di fatto):
Pur non esprimendosi formalmente con un voto negativo, alcuni gruppi hanno manifestato un netto dissenso, espresso nei voti sugli ordini del giorno collegati. Chi ha chiesto una presa di posizione contraria alla caccia allo stambecco ha trovato la porta sbarrata. Proposte per elaborare piani ad hoc sulla presenza del lupo o per incaricare esperti nella valutazione ambientale delle specie oggetto di prelievo sono state respinte. Secondo queste voci, il Piano manca di coraggio, evita i nodi politici più controversi e si limita a un aggiornamento di facciata senza incidere su un equilibrio faunistico che, in molte aree della regione, è ormai saltato.
Le due mozioni approvate:
L’Assemblea ha tuttavia accolto due iniziative per aprire a modifiche legislative future: la prima per predisporre una norma di attuazione che consenta la caccia selettiva allo stambecco, la seconda per cambiare la modalità di elezione del Presidente del Comitato regionale per la gestione venatoria, che in futuro potrebbe essere scelto direttamente dai rappresentanti delle circoscrizioni.
Un Piano da 400 pagine e molte attese
Con una mole imponente di documentazione tecnica, il Piano appena approvato promette di ridefinire il rapporto tra uomo, caccia e natura in Valle d’Aosta. Ma se da una parte sancisce criteri di protezione su oltre il 13% del territorio agro-silvo-pastorale e ribadisce la centralità del legame cacciatore-territorio, dall’altra lascia aperte molte domande: sul ruolo del lupo, sulla consistenza delle specie in calo e sul difficile bilanciamento tra conservazione e attività venatoria.
Il Piano c’è. Ora la sfida sarà applicarlo davvero





