Per secoli, la legge del maggiorasco ha seminato infelicità. Un insieme di norme prevedeva che al primo figlio maschio andasse l'eredità di famiglia.
Agli altri discendenti, maschi e femmine, era riservata una sorte incerta. In molti casi li attendeva una monacazione forzata. Relegare un figlio/a in convento costava assai meno che programmarne il matrimonio.
Conosciamo la dolorosa vicenda di Marianna De Leyva, nota come la monaca di Monza.
Marianna, diventata Suor Maria Virginia, tentò invano di farsi sciogliere dai voti perenni.
Altre religiose riuscirono nell'intento in epoche meno oscure.
Nata a Napoli il 17 febbraio del 1821, Enrichetta Caracciolo è la quinta delle sette figlie di Fabio, principe di Larino, e di Teresa Cutelli.
Rimane troppo presto orfana di padre.
Teresa desidera risposarsi presto e non può garantire una dote adeguata alle sue creature.
Così Enrichetta, giovanissima, innamorata corrisposta di Domenico, si ritrova, riluttante, chiusa in monastero senza alcuna vocazione, come tantissime coetanee.
Entra nel Convento napoletano di San Gregorio Armeno. Un passo annunciato al bel mondo partenopeo con un comunicato ipocrita in cui, nel 1841, la famiglia sottolinea “la ferma determinazione di ripudiare le vanità mondane” da parte di quella “giovine di rara pietà”.
Enrichetta è certamente intelligente, generosa e sensibile, ma non intende assolutamente restare tra quelle mura.
Quando il tetro portone si chiude pesante alle sue spalle, è l’inizio di un incubo destinato a durare dieci anni, affrontati con grande coraggio, in attesa della liberazione.
Enrichetta non si arrende: inizia a inviare suppliche scritte a chiunque possa aiutarla, arrivando persino a Papa Pio IX. Ma cozza regolarmente contro l'aperta ostilità dell’Arcivescovo di Napoli, Riario Sforza, che solo nel 1849 le concede il permesso d’interrompere brevemente la clausura per sottoporsi a cure mediche.
Fuggita e resasi irreperibile , per ricomparire in pubblico Enrichetta aspetta il crollo del regime borbonico e l' ingresso solenne di Garibaldi a Napoli. Accoglie l'Eroe dei due Mondi con entusiasmo in mezzo a una folla commossa.
Sciolta dai voti, sposa subito un patriota, Giovanni Greuther. Con rito protestante.
Diventa famosa nel 1864 pubblicando un libro autobiografico di forte impatto: “Misteri del Chiostro napoletano” , che ottiene parecchio successo e viene tradotto in una decina di lingue.
La meritata notorietà le garantisce una discreta tranquillità economica che la incoraggia nel 1866 a pubblicare il romanzo “Un delitto impunito”, basato su un fatto di sangue veramente accaduto.
E' una femminista convinta.
La successiva pubblicazione di altre opere fra cui una raccolta di poesie, e l’attività di corrispondente per prestigiose riviste le assicurano attestati di stima da parte di imprenditori, filantropi e politici. Ma si tratta, nella maggior parte dei casi, di tante belle promesse, mai mantenute, come troppo spesso accade. Non viene retribuita come merita.
Rimasta vedova e sola, Enrichetta muore nella sua splendida Napoli il 17 marzo del 1901, purtroppo dimenticata.
Anche Anna Valdina, principessa di Palermo, si ribellò a una vocazione imposta. Il padre aveva destinato una sola figlia al matrimonio, isolando in convento tutte le altre, ancora bambine, nel 1642.
Anna interpella con insistenza chiunque possa salvarla dalla segregazione.
Rifiuta il titolo di badessa. Il suo cammino si incrocia con quello dell'unica donna siciliana nominata vicerè, Eleonora De Moura.
Eleonora regna soltanto ventisette giorni, ma fa abbassare il prezzo del pane; assegna una dote alle ragazze disagiate; promuove l'istruzione; abbassa le tasse e attua rapidissimamente una serie di riforme progressiste, opponendosi alla corruzione. Non fa in tempo, tuttavia, a sciogliere I voti perpetui di Anna, che otterrà la libertà alle soglie della sessantina, riuscendo ad assaporarla per soli tre anni.
(Le notizie su Enrichetta sono tratte da uno scritto di Anselmo Pagani. Riproduzione consentita se recante il nome dell’autore. Quelle su Anna le dobbiamo a Pina Mandolfo, autrice del libro "Lo scandalo della felicità")