CRONACA - 17 maggio 2025, 12:11

Brissogne in fiamme, agenti abbandonati: carcere fuori controllo

Rivolta feroce nel carcere di Brissogne: sezioni devastate, fiamme nei corridoi, agenti intossicati e istituto privo di comando da anni. L’OSAPP accusa: «Una bomba sociale ignorata dalla politica, gli agenti lasciati soli a fronteggiare l’inferno». Interventi tardivi e assenza delle unità speciali aggravano un quadro già tragico

Brissogne in fiamme, agenti abbandonati: carcere fuori controllo

È scoppiato l’inferno a Brissogne. Non è solo una metafora: giovedì sera, 16 maggio, intorno alle 19:00, la Casa Circondariale di Aosta si è trasformata in un campo di battaglia. Le sezioni A1 e C1, dove sono ristretti i detenuti a regime ordinario, sono state il teatro di una vera e propria rivolta. Fiamme, fumo, urla, devastazione. Il tutto andato avanti per ore, fino all’una del mattino. Un incubo.

I detenuti hanno appiccato incendi con lenzuola e materassi, alimentando i roghi nei corridoi. Il fumo era talmente denso da costringere il personale a evacuare le sezioni, mentre la tensione cresceva come un'onda pronta a travolgere tutto. Approfittando del caos, un gruppo di reclusi ha forzato i cancelli interni, assaltando la rotonda, cuore operativo degli agenti. Fili elettrici tranciati, neon distrutti, vetri infranti, computer sfasciati. E ancora, bombolette di gas incendiate e lanciate come molotov artigianali. L’intera struttura ha tremato sotto il peso dell’incuria e dell’abbandono.

Tre agenti sono finiti al Pronto Soccorso per sintomi da intossicazione. Uno è svenuto nella sezione, e – in un paradosso che dice molto – sono stati alcuni detenuti ad assisterlo per primi. E se da una parte c’è chi ha perso il controllo, dall’altra c’è chi, perfino dietro le sbarre, ha mostrato un barlume di umanità. Un’umanità che invece sembra essere del tutto scomparsa nelle alte sfere dell’amministrazione penitenziaria e della politica.

«Solo slogan e passerelle», tuona Leo Beneduci, Segretario Generale dell’OSAPP, che da anni denuncia lo stato comatoso dell’istituto di Brissogne. Da oltre otto anni il carcere è privo di un Comandante. Otto anni. In una struttura dove ogni giorno si incrociano tensioni, pericoli, disperazione e degrado. «Non possiamo più accettare questa precarietà organizzativa. La rimozione dei vertici attuali è urgente, servono figure di comando autorevoli e preparate. Gli agenti non possono continuare a essere carne da macello per l’indifferenza dello Stato.»

Beneduci racconta anche di un giovane agente che, pochi giorni fa, ha deciso di dimettersi. Troppe pressioni, troppa solitudine. E oggi, dopo la notte di fuoco, quelle dimissioni non sembrano più un gesto isolato, ma il grido muto di un sistema che sta franando. Come scriveva Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. E noi dobbiamo conoscere, raccontare, denunciare.

Il carcere, si sa, è lo specchio opaco della società. Ma quando il vetro si rompe e nessuno lo ripara, i riflessi che ne escono sono quelli di un Paese che ha smesso di guardare negli occhi la realtà. La realtà degli agenti che, senza adeguata formazione né mezzi, affrontano emergenze da reparto militare. La realtà di istituti in cui, come a Brissogne, non si è visto neppure l’ombra del GIR o del GIO, le famose unità speciali osannate a Roma e assenti sul campo.

Beneduci è netto: «La situazione è indegna. A rischiare la vita sono gli agenti, lasciati soli, ignorati, schiacciati da responsabilità immense senza tutele. La politica si mostra cieca, sorda, muta».

“Non si può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non si è vissuto bene”, scriveva Virginia Woolf. E cosa vuol dire “vivere bene” per chi lavora in carcere? Sopravvivere ogni giorno senza sapere se si tornerà a casa. A Brissogne, ormai, anche questo diritto elementare sembra essere svanito nel fumo acre dell’indifferenza.

Il carcere non è una zona franca. Intervenga anche la politica valdostana.

Gino Vallauri

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