CRONACA - 16 maggio 2025, 13:28

TARI AOSTA E DINTORNI: TRA CAOS E CONTI CHE NON TORNANO - 1 -

Tutti ecologisti... finché non arriva la bolletta. Tra indignazione e disinformazione, l’introduzione della TARIP ad Aosta accende gli animi. Ma siamo davvero pronti a pagare il prezzo della civiltà? Un’analisi tra abitudini, lamentele e ipocrisie ambientali. tutti ambientalisti, ma solo a parole.

TARI AOSTA E DINTORNI: TRA CAOS E CONTI CHE NON TORNANO - 1 -

In questi giorni si legge di tutto sulla TARIP, la nuova tariffa puntuale sui rifiuti introdotta dal Comune di Aosta. Il tono dominante? Lamentela. Il sospetto? Che ci stiano fregando. La sensazione? Che il Comune ci stia facendo pagare per l’aria che respiriamo. Eppure, se ci fermiamo un momento, magari proprio mentre scendiamo con il sacchetto del secco in mano, potremmo chiederci: ma siamo davvero sicuri di capire di cosa stiamo parlando?

Perché a leggere certi commenti, si direbbe che qualcuno abbia scoperto solo adesso che vivere in una città pulita ha un costo. Che dietro ogni cestino svuotato, ogni marciapiede lavato, ogni aiuola curata, ci sono persone e servizi che vanno pagati. E sì, pagati da noi. Con le tasse.

Il problema non è solo economico. È culturale.

Siamo cresciuti con l’idea che “la monnezza” sparisca per magia. Buttala nel cassonetto, chiudi il coperchio e dimenticala. Ma oggi non funziona più così. Oggi, ogni sacchetto racconta qualcosa di noi. E la TARIP – almeno nelle intenzioni – vuole farci riflettere su quanto produciamo, su quanto differenziamo, su quanto pesiamo.

È una tassa? Certo. Ma è anche uno specchio. Uno specchio di quanto siamo (o non siamo) civili. E qui arriva la parte scomoda: agli italiani, le regole danno fastidio.

Non solo quelle fiscali, anche quelle ecologiche. Siamo bravissimi a indignarci per una discarica abusiva in televisione, ma poi gettiamo il pacchetto di sigarette per strada. Postiamo foto di città giapponesi pulitissime, ma ci scordiamo di portare giù l’umido. Critichiamo la tassa, ma non leggiamo il regolamento. E soprattutto, vogliamo pagare meno, ma avere più servizi. Un’equazione impossibile.

Il cortocircuito dell’indignazione permanente.

Il problema, a ben vedere, non è la TARIP. È l’idea che abbiamo del bene comune. Non siamo abituati a pensare in termini di comunità. Non ci chiediamo cosa possiamo fare per migliorare il quartiere, ma solo quanto ci costa il bidone. E magari ce la prendiamo con il Comune, con Quendoz, con il vicino che sbaglia il colore del sacco. Tutti colpevoli, tranne noi.

E allora, la domanda vera diventa un’altra: vogliamo una città pulita, efficiente, decorosa? Sì? Allora dobbiamo essere disposti a cambiare abitudini. A capire prima di giudicare. A pagare, anche, ma con la consapevolezza che un servizio costa e che se funziona, è un bene per tutti.

Perché alla fine, la differenza non la fa il sistema, la fa il cittadino.

E forse, prima di discutere di TARIP, dovremmo tornare a studiare Educazione Civica.

Vittore Lume-Rezoli

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