CRONACA - 12 maggio 2025, 10:36

Nel deserto delle culle vuote, una politica che sa ascoltare. Solo 650 nati all'anno

In Valle d’Aosta, come nel resto dell’Italia e dell’Europa, il calo delle nascite non è solo una questione di numeri, ma di senso, di speranza e di giustizia sociale. L’intervento dell’assessore Carlo Marzi in Consiglio regionale apre uno squarcio su un fenomeno complesso che interroga tutti: politici, famiglie, comunità. Servono politiche coraggiose, ma anche una nuova cultura dell’accoglienza e della cura

Nel deserto delle culle vuote, una politica che sa ascoltare. Solo 650 nati all'anno

C’è una parola che fa sempre più paura nel dibattito pubblico, e non è “crisi”. È “natalità”. Una parola che evoca silenzi assordanti nelle case, banchi vuoti nelle scuole, paesi che si spopolano come pozzi senz’acqua. Una parola che dice molto del nostro presente e, forse, ancora di più del nostro futuro.

Nel corso della seduta del Consiglio regionale dell’8 maggio, l’interpellanza ha avuto il merito di riportare al centro dell’agenda politica valdostana la questione urgente del calo delle nascite. Una questione che, come ci ricorda spesso Papa Francesco, “non è solo una questione demografica, ma di speranza sociale, di futuro condiviso”.

I dati illustrati dall’assessore alle politiche sociali, Carlo Marzi, sono tanto chiari quanto inquietanti: la natalità in Valle è in calo costante, passando da 6,7 nati ogni mille abitanti nel 2019 a 5,2 nel 2024. In termini assoluti, circa 650 bambini l’anno. Ma il cuore del problema sta altrove: ci sono sempre meno donne in età fertile, passate in appena 15 anni da 28.500 a 22.800, con una perdita del 20%. Come dire che, prima ancora delle culle, si svuota la comunità.

Un altro dato che fa riflettere è l’età media delle madri valdostane: 32,5 anni oggi, contro i 30,5 del 2000. Il tempo biologico si restringe, ma lo spazio sociale non si allarga. Troppo spesso, la scelta di diventare genitori è ostacolata da precarietà economica, solitudine, difficoltà a conciliare lavoro e vita familiare. Ed è proprio qui che la politica può e deve intervenire.

Marzi ha illustrato un ventaglio di azioni concrete già messe in campo dalla Regione: nidi accessibili, rette ridotte del 20%, voucher per tate familiari, aumento progressivo dei fondi per i servizi all’infanzia (fino a 8,4 milioni nel 2027), e un tavolo interistituzionale per studiare ulteriori interventi. Tutto questo, va detto, fa della Valle una delle regioni più avanzate in Italia in termini di servizi per le famiglie.

Eppure, come ha riconosciuto lo stesso Marzi, “l’aspetto economico non è l’unico determinante”. Serve anche un cambiamento culturale. Serve riscoprire il valore sociale della genitorialità, della comunità, della solidarietà intergenerazionale. Serve che educare un figlio torni ad essere una responsabilità condivisa, non una sfida isolata.

Papa Francesco, parlando della “cultura dello scarto”, ci ha insegnato che una società che non accoglie i bambini, che non sostiene i genitori, che lascia le madri sole, è una società che ha smarrito il senso della cura. E una società che smarrisce la cura, prima o poi smarrisce se stessa.

In Valle d’Aosta, le famiglie non chiedono miracoli. Chiedono ascolto, presenza, fiducia. Chiedono una politica che non rincorra gli algoritmi, ma si lasci toccare dalla realtà. Una politica che sia capace non solo di contare le culle vuote, ma di riempirle di speranza.

ca.fu.

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