Un'ondata di lettere sta raggiungendo in questi giorni i proprietari italiani delle Ford Kuga ed Escape PHEV, le versioni ibride plug-in dei SUV della casa americana. Il contenuto è tutt’altro che rassicurante: la batteria potrebbe sviluppare un cortocircuito interno, con potenziali rischi per la sicurezza. Il consiglio? Non usare la modalità elettrica. Anzi, meglio evitare proprio la ricarica.
A lanciare l’allarme è stata Altroconsumo, che ha approfondito la questione dopo le segnalazioni di numerosi utenti italiani. Ford, dal canto suo, ha riconosciuto il problema e promesso un aggiornamento software per fine giugno. Questo permetterà alle officine autorizzate di verificare se le batterie siano da sostituire. Ma intanto i proprietari devono accontentarsi di guidare a benzina, con tutto ciò che ne consegue in termini di consumi, emissioni e costi aggiuntivi.
Secondo le stime di Altroconsumo, un utente che percorre circa 20.000 km annui si troverà a spendere 100 euro in più nei tre mesi di impossibilità d’uso della modalità elettrica. Una cifra non astronomica, ma che stride con la promessa di risparmio che spinge molti a scegliere una PHEV.
Ford, da parte sua, offre un rimborso di 120 euro, ma solo previa richiesta scritta da parte del cliente. Una logica, questa, che lascia l’amaro in bocca a chi si aspettava una gestione proattiva del problema. È come se la casa madre desse per scontato che solo chi si lamenta abbia diritto a un indennizzo, ignorando il disagio collettivo subito da tutti gli acquirenti.
Altroconsumo ha messo a disposizione degli utenti la piattaforma “Reclama Facile”, grazie alla quale è possibile inviare il reclamo direttamente a Ford con l’assistenza dei legali dell’associazione. Un servizio utile, ma che evidenzia ancora una volta quanto spesso il consumatore sia costretto a farsi sentire per ottenere ciò che gli spetta di diritto.
Il richiamo è un segnale di responsabilità, certo, ma la gestione dell’attesa e la comunicazione al cliente lasciano spazio a più di una critica. Una parte dei clienti non sa nemmeno come comportarsi, altri scoprono la possibilità del rimborso solo grazie ai media e alle associazioni di tutela. E intanto, si continua a viaggiare con un’ibrida che non fa più l’ibrida.
In un momento in cui si spingono fortemente le motorizzazioni ibride ed elettriche, episodi come questo rischiano di alimentare sfiducia nel consumatore e di rallentare la già complessa transizione ecologica. È auspicabile che Ford, ma anche le altre case automobilistiche, inizino a gestire le criticità con maggiore trasparenza e automatismo nei rimborsi, evitando di trasformare il cliente in un avvocato di se stesso.