CRONACA - 16 aprile 2025, 17:30

Bomba in via Liconi ad Aosta: svolta nelle indagini, la molotov non era un caso. La testimone chiave potrebbe conoscere gli attentatori

Una donna è stata accompagnata in questura: potrebbe sapere chi ha lanciato la bottiglia incendiaria nella notte. Gli inquirenti ipotizzano un gesto intimidatorio legato a minacce e richieste di denaro. Cresce l’allarme nel quartiere Cogne, tra paura e silenzi

foto laprimalinea

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Potrebbe essere solo l’inizio. O, peggio, un’escalation già annunciata. Nell’ipotesi che sta prendendo piede tra gli inquirenti, quella bottiglia incendiaria lanciata la scorsa notte contro il portone del civico 8C di via Liconi non è frutto di una bravata né di una vendetta casuale. È un segnale, un messaggio chiarissimo nella sua brutalità. E chi lo ha lanciato non aveva in mente solo un avvertimento: voleva paura, silenzio, e forse il controllo di qualcosa che inizia a sfuggire di mano anche a chi dovrebbe garantire l’ordine.

Secondo le prime indiscrezioni, c’è un nome attorno a cui ruotano le indagini, o meglio un volto: quello della donna prelevata oggi dalla polizia per essere ascoltata in questura. Non risulta indagata, almeno per ora. Ma le sue parole potrebbero essere decisive, e non solo per individuare i responsabili. Il sospetto è che lei sappia, o abbia visto, o addirittura conviva – suo malgrado – con chi ha voluto mettere in scena questa dimostrazione di forza.

Tutto è cominciato intorno alle 2.30, ma le grida sono iniziate prima. "Vogliamo i soldi, apri, sennò finisce male...". Una richiesta urlata, brutale, che qualcuno ha quantificato in 800 euro. Pochi istanti dopo, lo scoppio. Fiamme, vetri in frantumi, citofoni sciolti, e quell’odore acre che si è infilato nei pianerottoli, nei sogni e nelle certezze degli inquilini.

Una bomba Molotov, vera. Non una minaccia generica, ma un gesto che ricorda altri contesti, altre latitudini. E invece è successo qui, nel cuore di Aosta, in un quartiere popolare dove il disagio abita accanto alla quotidianità. Quartiere Cogne, zona via Liconi, sei palazzine, tante storie. Troppe già raccontate, alcune ancora sommerse.

Un residente racconta che “da quando è arrivata quella famiglia, non si dorme più tranquilli. Gente che va e viene, urla, motorini a tutta velocità, bottiglie che si rompono di notte”. È un mosaico di segnali che forse dovevano già allarmare. Ma chi può dire dove finisce il degrado e dove inizia il pericolo? Chi può leggere nei silenzi dei muri, tra le voci basse dei condomini che preferiscono “non farsi vedere troppo”?

Le Volanti della Polizia e la Squadra Mobile stanno lavorando senza sosta. Ci sono telecamere da analizzare, telefoni da incrociare, testimonianze da raccogliere. L’impressione è che l’azione sia stata pianificata: mirata, decisa, non improvvisata. E il timore che non sia un episodio isolato comincia a farsi largo, anche tra chi – finora – ha pensato che certi fatti succedessero solo altrove.

Non c’è ancora una pista ufficiale, ma le ipotesi si rincorrono. Un debito di droga? Una lite degenerata in richiesta estorsiva? Un regolamento di conti dentro dinamiche familiari o tra gruppi diversi? Per ora, nessuno parla. La donna portata via in borghese potrebbe farlo. Oppure tacere, come spesso accade quando si ha paura.

Intanto, in via Liconi, il portone è stato ripulito ma resta annerito. Le fiamme hanno lasciato segni evidenti, così come l’eco di quelle urla nella notte. E se davvero fosse solo l’inizio? Se quella molotov segnasse un salto di qualità nella criminalità che si affaccia, magari sommersa ma viva, anche nella nostra piccola regione?

La domanda resta sospesa, come il fumo della bottiglia esplosa. E ad Aosta, ora, si dorme un po’ meno.

red/cro

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