È forte la preoccupazione degli allevatori valdostani che, pur essendo solidali con le proteste nazionali, non sono scesi in piazza con i manifestanti in Valle d’Aosta, perché non si sono riconosciuti con le istanze portate.
Il mondo agricolo valdostano è gravemente ammalato, lo è da anni e la conferma arriva dai dati AREV: altre 30 aziende hanno chiuso nel 2023 e di conseguenza 500 capi in lattazione mancano all’appello. Questo danno è già tangibile, vista la carenza di latte sul mercato, che non riesce a soddisfare la domanda per produrre Fontina.
Questo trend negativo, ormai irreversibile, ci sta portando verso una Valle d’Aosta sempre meno coltivata, perché il mondo agricolo legato all’allevamento è sempre meno appetibile per gli agricoltori, avendo una bassissima redditività e costi legati a manodopera e materie prime sempre più elevati; solamente le grandi aziende, con superfici importanti, riescono a ripagare i costi aziendali. Di conseguenza sta scomparendo quel tessuto socio-economico fatto da piccole aziende, tendenzialmente gestite in modo part-time, che, mosso da passione per la propria terra, era maggiormente attivo nella cura e mantenimento dei terreni, anche marginali.
Oltre alla scarsa redditività, le aziende devono far fronte a una burocrazia e a una legislazione sanitaria e urbanistica decisamente sproporzionate oltre a una qualità della vita sempre più scadente, tanto che sono sempre più rari i giovani che decidono di intraprendere questa professione, nonostante le agevolazioni europee, nazionali e regionali.
Per la Valle d’Aosta questo significa rinunciare al ruolo fondamentale e irrinunciabile del comparto agricolo dal punto di vista sociale, economico e ambientale, l’unico capace di assicurare sicurezza alimentare, qualità, valorizzazione del patrimonio storico-culturale-paesaggistico, servizi ambientali, presidio e identità dei territori. Tra le conseguenze più gravi ci preme sottolineare anche l’aumento del carico d’incendio, soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici. Quest’anno purtroppo abbiamo constatato quanto questo possa portare a gravi conseguenze e la situazione non potrà che peggiorare!
COSA PUÒ FARE LA COMUNITA’ EUROPEA PER SALVARE L’ALLEVAMENTO VALDOSTANO?
- mantenere le agevolazioni sul gasolio agricolo, visto che non esiste una reale alternativa
- siamo tutti d’accordo sulla necessità di diminuire l’uso di antibiotici, ma sono inaccettabili i principi proposti per il rispetto del benessere animale, in quanto non corretti per il nostro modello di allevamento; basterebbe osservare i dati sulla longevità delle bovine da latte
- certezza su date e importi degli aiuti
- premiare i prodotti di qualità e proteggerli maggiormente vietando l’ingresso in Europa di prodotti che non rispettano i nostri standard di qualità e sicurezza alimentare
- diminuire la burocrazia, richiesta pervenuta a gran voce da tutti gli stakeholders, ma che è stata totalmente disattesa.
COSA PUÒ FARE LA POLITICA VALDOSTANA PER SALVARE L’ALLEVAMENTO VALDOSTANO?
- aggiornare il calcolo del costo reale per la produzione di fieno nelle zone montane, in modo da dimensionare correttamente l’indennità compensativa
- creare un osservatorio che misuri costantemente costi e ricavi di latte e Fontina
- favorire realmente l’insediamento di giovani agricoltori e nuovi agricoltori
- svincolare il più possibile le piccole realtà e i piccoli investimenti dalla burocrazia
- abolire disciplinari autolesivi per le aziende locali (es. mocetta)
- proteggere maggiormente i prodotti di qualità, rendendo più efficaci gli interventi sulla promozione
- creare un meccanismo di precedenza per la concessione di beni comunali o regionali alle aziende che producono prodotti DOP
- dare nuovo impulso alla selvicoltura per conseguire la manutenzione dei boschi e creare una filiera certificata del legno, che dia maggior slancio alle aziende del settore
- trovare nuove soluzioni per la convivenza con la fauna selvatica e notificare a Bruxelles i contributi riguardanti questo settore, in modo che non vadano a erodere il plafond “de minimis”
- emergenza idrica: realizzare numerosi piccoli accumuli idrici sparsi ovunque, finanziandoli anche con una tassa sull'idroelettrico, con gestione a favore dei consorzi; per questi ultimi creare una sovrastruttura regionale che li aiuti nella gestione di progetti e burocrazia varia
- diminuire la burocrazia in tutti i settori, facendo anche in modo che la digitalizzazione sia un reale aiuto, anziché un’
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Terra Viva, Associazione di secondo livello affiliata alla Fai Cisl, nasce come un soggetto sociale forte e autorevole per rappresentare i liberi produttori agricoli ai tavoli di rappresentanza. È una realtà capace di dare un rinnovato impulso alla progettualità e alle proposte per rispondere ai nuovi bisogni del mondo agricolo. Accoglie tutti i produttori che si riconoscono in una nuova visione di sindacato moderno, efficiente e di prossimità. Il proprio Centro di Assistenza Agricola (CAA), con operatori e tecnici agricoli qualificati, offre assistenza alle imprese e ai produttori in tutti gli adempimenti fiscali e amministrativi e per la partecipazione ai bandi di settore