CRONACA - 09 aprile 2022, 01:00

LA CRIMINALITA' ORGANIZZATA IN VALLE DESCRITTA DALLA DIA

RELAZIONE del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia - Valle d'Aosta

LA CRIMINALITA' ORGANIZZATA IN VALLE DESCRITTA DALLA DIA

L’analisi sull’andamento della delittuosità riferita al primo semestre 2021, che permane connotato dal perdurare della pandemia da Covid-19, continua a mostrare come le organizzazioni criminali si stanno muovendo secondo una strategia tesa a consolidare il controllo del territorio.

Già da diverso tempo si ha contezza circa insediamenti ‘ndranghetisti attivi in Valle d’Aosta atteso che pregresse risultanze investigative davano segnali inequivocabili relativi alla presenza di soggetti contigui a talune potenti consorterie calabresi quali gli IAMONTE, i FACCHINERI, 35 o i NIRTA (Nota La presenza dei FACCHINERI in Valle d’Aosta era emersa tra l’altro dalla “storica” inchiesta “Minotauro” della DDA torinese del 2011, che dava conto dell’operatività delle cosche IAMONTE e NIRTA pur non confermando giudiziariamente la presenza di un locale valdostano.

In tale ultimo contesto si ricorda l’arresto in flagranza - avvenuto il 27 marzo 2020 ad Aosta ad opera della Guardia di finanza - di un soggetto originario di San Luca (RC) contiguo ai NIRTA e di un personaggio del luogo per reati concernenti gli stupefacenti. Il sanlucota era rimasto poi coinvolto per gli stessi reati anche nell’operazione “FeuDora” (maggio 2020), all’esito della quale la Guardia di finanza aveva eseguito una misura restrittiva nei confronti di n10 indagati per spaccio di sostanze stupefacenti, approvvigionate dalla Calabria e dirette alle piazze di spaccio del capoluogo valdostano.

In relazione a tale ultima inchiesta il 12 novembre 2020 l’uomo ha patteggiato (come altri 5 indagati) la pena di i 5 anni di reclusione e 18 mila euro di multa)  In tale contesto i gruppi criminali organizzati si sono dimostrati sempre pronti a contaminare i mercati leciti al fine di riciclare gli ingenti capitali di cui dispongono.

L’operazione “Geenna” (NOTA OCCC n. 33607/14 RGNR- 50003/15 RGGIP, emessa dal GIP del Tribunale di Torino nei confronti di 16 indagati, ritenuti responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, tentato scambio elettorale politico-mafioso, estorsione tentata e consumata, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione e ricettazione di armi e favoreggiamento personale in alcuni casi aggravati dal metodo mafioso.gennaio 2019) poi ha di fatto sancito l’esistenza di un locale di ‘ndrangheta riconducibile alla cosca sanlucota NIRTA-Scalzone.

A seguito dell’inchiesta è peraltro intervenuto lo scioglimento per infiltrazione mafiosa del Comune di Sant-Pierre (AO) disposto con DPR del 10 febbraio 2020 (All’operazione “Geenna” risulta strettamente connessa l’inchiesta “Altanum” (luglio 2019) della DDA di Reggio Calabria, conclusa con l’arresto di 13 soggetti (3 dei quali in Valle d’Aosta) affiliati ai FACCHINERI e al locale di San Giorgio Morgeto. Le indagini si ricorderà documentavano le tensioni insorte nel 2011 tra le due compagini conseguenti a una ingerenza dei sangiorgesi in un tentativo di estorsione condotto dai FACCHINERI in danno di due imprenditori reggini operanti in Valle d’Aosta. In tale contesto il 29 dicembre 2020 con rito abbreviato il GUP reggino ha pronunciato 3 condanne per un totale di oltre 30 anni di reclusione per associazione di tipo mafioso).

Come già evidenziato nella precedente Relazione semestrale il 17 luglio 2020 il GUP del Tribunale di Torino ha condannato (NOTA Con sentenza n. 33607/14 RGNR-165/2020 RGGIP il Giudice ha ravvisato la ricorrenza di diversi elementi tipici dell’associazione mafiosa ’ndranghetista, come l’unitarietà della struttura, il vincolo solidaristico tra gli associati e il ricorso a simboli e rituali tipici dei clan, quali il cd. “taglio della coda” come rito di affiliazione alla ‘ndrangheta, già ricorrente nelle sentenze del processo “Minotauro”. Si evince dalla lettura del dispositivo che gli elementi “... raccolti in alcuni di tali procedimenti, riletti alla luce della successiva evoluzione del patrimonio di conoscenze giudiziarie in ordine al radicamento della ‘ndrangheta nel nord Italia, consentono di ravvisare elementi indicativi della esistenza ed operatività di un locale di ‘ndrangheta in Aosta già negli anni 2000-2001...”; peraltro “...le risultanze delle attività investigative svolte tra la fine degli anni 90 e l’inizio degli anni 2000...consentono di ritenere che, all’epoca, in Valle d’Aosta, fosse presente ed operativo un vero e proprio locale, la cui costituzione risaliva, verosimilmente, alla fine degli anni ’70...”) 12 imputati per un totale complessivo di circa 60 anni di reclusione. Il successivo 16 settembre 2020 il Tribunale di Aosta ha condannato 5 imputati per complessivi 55 anni di reclusione. (NOTA Tale ultima sentenza spiega che: “...il “locale” di Aosta non si avvale della propria capacità intimidatrice (necessariamente) per commettere delitti, ma tende ad insinuare la propria presenza all’interno della ristretta comunità valdostana ed in particolare in quella fascia di popolazione di origine calabrese residente nel capoluogo regionale e nelle località vicine, allo scopo di acquisire vantaggi ingiusti per sé o per altri (in tutti i casi in cui committenti privati avrebbero dovuto scegliere artigiani graditi all’associazione) o, per orientare le scelte elettorali della comunità di origine calabrese residente in Valle d’Aosta, in tal modo condizionando gli esiti delle competizioni elettorali a livello locale, sia comunale che regionale...è inoltre nella fascia di popolazione di origine calabrese residente nel capoluogo regionale e nelle località vicine che l’associazione fa pesare la sua presenza e la sua storia...chi si interpone od ostacola gli obiettivi o gli interessi dell’associazione viene “invitato” a
desistere e tale risultato non è conseguito con l’intimidazione diretta o ancor meno con la violenza, ma con la sapiente opera di “persuasione”, posta in essere dai singoli associati nei confronti di chi è ben consapevole che sta parlando con un esponente dalla ‘ndrangheta valdostana e che è meglio non contraddirlo od ostacolarlo...”).

Tra questi figura un affiliato al predetto locale di Aosta e legato alle ‘ndrine NIRTA, MAMMOLITI, DI DONATO e RASO. Nei suoi confronti la DIA l’11 dicembre 2019 ha sequestrato 41 beni per un valore stimato in oltre 1 milione di euro. Il successivo 19 aprile 2021 sempre la DIA ha dato esecuzione al decreto emesso dal Tribunale di Torino che ha disposto la definitiva confisca delle medesime ricchezze.

È evidente pertanto che la Valle d’Aosta rientri fra le Regioni elette dalle mafie quali aree in cui orientare le proprie mire espansionistiche per ampliare gli investimenti e inserirsi in mercati ove reinvestire i capitali illeciti.

A conferma di tale livello di radicamento nel semestre di riferimento sono stati adottati alcuni provvedimenti interdittivi antimafia nei confronti di ditte operanti prevalentemente nel commercio all’ingrosso e al dettaglio di autovetture e di autoveicoli, nell’allevamento di bestiame, nonché nella gestione di strutture alberghiere, di ristorazione ed altro.

Sebbene sul territorio valdostano non si siano avuti recenti riscontri circa la presenza strutturata di soggetti vicini a consorterie criminali organizzate di altre matrici anche straniere si registrano tuttavia alcuni episodi di traffico e di spaccio di sostanze stupefacenti, nonché di sfruttamento della prostituzione ad opera di cittadini stranieri tra l’altro in collaborazione con elementi locali (NOTA A tal proposito, appare opportuno segnalare che il 9 aprile 2021, la Polizia di Stato di Aosta e di Crotone nell’ambito dell’operazione “Meretrix”, ha dato esecuzione al sequestro preventivo di un Bed & Breakfast sito ad Aosta, di proprietà di una cittadina spagnola residente a Crotone ed utilizzato come “casa d’appuntamenti”).

Infine come già evidenziato per le province di Torino e Cuneo anche la Valle d’Aosta costituisce una via di transito per gli immigrati clandestini che tentano di oltrepassare il confine francese.  

red.

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