- 20 marzo 2022, 12:54

LASCIARLI ANDAR SOLI, MAI PIÙ

Blok Notes è una rubrica settimanale promossa dall’associazione Comunque Valdostani con l’obiettivo di avvicinare i Cittadini al Palazzo e aprire il Palazzo ai Cittadini. L’Associazione Comunque Valdostani ringrazia il Sindaco di Aosta, Gianni Nuti, che con entusiasmo ha aderito alla proposta

LASCIARLI ANDAR SOLI, MAI PIÙ

Cittadine e cittadini di ogni città del mondo,

Abbiamo un problema.

Da quando apriamo gli occhi la prima volta a quando li chiudiamo per l’ultima, dobbiamo trovare ragioni del nostro destino di morte.

In realtà la ragione non serve: aiuta a disporre le cose, a darne misura, a farle diverse, più utili a noi e alle nostre esigenze complesse, ma non è sufficiente ad offrire uno straccio di senso a questo fenomeno strano che chiamano vita.

Allora sono due le strade possibili: la prima è legarsi, avventurarsi alla ricerca di sensibilità affini, di idee concordi o curiose, di storie simili o affascinanti: e allora si sprecano gli amplessi, si mescola il sangue, si confonde il seme.

Gli è che le morti spezzano questi legami e ci lasciano persi sulla via senza appigli e il dolore diventa inconsolabile, il sentimento dell’assurdo prevale su tutte gli altri colori interiori…

La seconda strada è colmare lo spazio di simboli, è consumare riti e costruire dei credo: sono l’unico ponte che getta oltre le cose visibili la nostra energia, il nostro ostinato desiderio di stare vivi, immersi nelle bellezze che i sensi ci danno e la mente traduce.

Queste due sole strade ci tengono in vita e null’altro.

Domandando a una forma di parlare, apprezzando il ritmo di un gesto, chiamando un dio invisibile facciamo appello al nostro potere immaginale che permette di dirci: nessun accordo è reciso, nessuna presenza diventa assenza, nulla è irrimediabilmente perduto…

E ce lo dobbiamo dire insieme, uno di fronte all’altro, rassicurandoci a vicenda: se no, non vale, non funziona.

Per questo ci troviamo, oggi, di fronte a un simbolo che attiva pensieri comuni ed evoca memorie tristi, ma non spegne speranze, anzi le perpetua oltre noi.

Il 18 marzo, il giorno in cui si ricorda la sfilata di carri militari colmi di bare nei giorni bui della nostra storia recente, abbiamo scoperto nel nostro cimitero una stele. Il corpo dell’opera è fatta di materia nera, il colore del nostro dolore; ha tuttavia una superficie riflettente come uno specchio nel quale ritrovarci, riconoscerci; il blocco è spezzato da una crepa, da un trauma, ma resta un filo che unisce le parti e, soprattutto, apre una breccia verso ciò che va oltre: un paesaggio inedito, visto con uno sguardo nuovo.

Questo produce la nostra immaginazione: ci dà la certezza che i fotogrammi sparsi, i profumi resistenti, le esperienze incarnate che abbiamo creduto per sempre perdute risuscitino improvvisamente, penetrino nei nostri pensieri e li trasformino, ponendo un filtro speciale tra i nostri occhi e il mondo che appare come un altro, rinnovato.

E quando manca qualcuno di caro non è solo un fatto che interpella i pochi vicini: l’intera città risuona echeggiando un addio e perciò deve prendere i suoi cittadini perduti per portarli al di là del passaggio, oltre il varco, quando questo è possibile…

Siamo rimasti indietro per due lunghissimi anni: facciamo ora ciò che avremmo dovuto compiere allora, sapendo che nell’aria continuano a correre le anime di chi abbiamo amato che non sono perdute, ma dimorano in noi, perché ciò che accade in questo mondo, ogni gesto, ogni moto, ogni cenno di vita è per sempre.

Gianni Nuti

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