CRONACA - 22 gennaio 2021, 12:01

'Ndrangheta: Rosy Bindi, 'chi ne ha negato la presenza in Valle è stato smentito dalla Dda'

Mentre si attendono gli esiti dell'inchiesta Egomnia condotta da Dda torinese e carabinieri di Aosta, oggi l'onorevole ad Aostacronaca ricorda che dopo la sua visita ad Aosta nell'ottobre 2017 furono diversi gli esponenti politici valdostani che minimizzarono gli esiti e il senso stesso di quella missione

Ottobre 2017, Rosy Bindi ricevuta a Palazzo regionale dall'allora Presidente della Giunta, Laurent Vierin

Ottobre 2017, Rosy Bindi ricevuta a Palazzo regionale dall'allora Presidente della Giunta, Laurent Vierin

"Il negazionismo è il più grande regalo che possiamo fare alle mafie. Purtroppo questo atteggiamento da struzzi è ancora molto diffuso e lo è stato in Valle d'Aosta almeno fino a poco tempo fa".

Lo ha detto oggi ad Aostacronaca l'onorevole Rosy Bindi, già Presidente della Commissione parlamentare antimafia dall'ottobre 2013 al giugno 2018, più volte ministro ed esponente del Partito Democratico di cui fu presidente dal novembre 2009 all'aprile 2013.

In qualità di Presidente dell'Antimafia Rosy Bindi venne in Valle nell'ottobre 2017, in missione per approfondire la situazione della criminalità organizzata nella regione. L'accolse sorridente l'allora Presidente della Giunta Laurent Vierin, oggi indagato nell'ambito dell'inchiesta Egomnia per concorso esterno in associazione 'ndranghetista e voto di scambio aggravato. Bindi ammonì Vierin: "Attenzione, in Valle d'Aosta gli insediamenti mafiosi, soprattutto la 'ndrangheta, hanno condizionato e continuano a condizionare l'economia di questa terra così come le scelte politiche".

Oggi, mentre in Valle si attendono gli esiti dell'inchiesta Egomnia condotta da Dda torinese e carabinieri di Aosta, l'onorevole progressista sottolinea che "durante quella visita fui messa al corrente dai vertici della Direzione antimafia di una vasta inchiesta su una 'locale' di 'ndrangheta presente ad Aosta ma ovviamente non mi furono rivelati particolari investigativi né nomi degli indagati". Resta il fatto che "pur non volendo rivendicare alcuna primogenitura sulla 'scoperta' di gruppi di criminalità organizzata in Valle d'Aosta - precisa Rosy Bindi - quelle indagini così come altre immediatamente seguenti hanno confermato purtroppo le risultanze della Commissione da me presieduta".

Dopo la visita dell'Antimafia furono diversi gli esponenti politici valdostani che minimizzarono gli esiti e il senso stesso di quella missione; a questo riguardo la parlamentare ribadisce "l'amarezza per aver riscontrato che la posizione della politica valdostana fu, e mi auguro che oggi non sia, tra le più 'resistenti' a prendere atto della sussistenza del fenomeno 'ndranghetista nella regione".

L'onorevole Bindi ricorda anche l'intervista resa nel luglio 2018 a La Stampa dal procuratore capo di Aosta, Paolo Fortuna, il quale affermò che "la Valle d’Aosta è una regione privilegiata, non conosce certe forme di criminalità. Non è una terra di mafiosi (...) Dopo un anno (del suo mandato alla procura aostana ndr) non ho evidenze che mi facciano pensare allo stanziamento di un gruppo di tipo mafioso".  Affermazioni sulle quali l'ex Presidente della Commissione Antimafia non entra nel merito ma che definisce "quasi in polemica con il nostro operato; i fatti però hanno purtroppo dato ragione a noi e chi per qualunque ragione, fosse anche di necessità istituzionale, ha negato la presenza mafiosa in Valle d'Aosta è stato smentito dalle inchieste della Dda". 

L'onorevole Bindi segnala per parte sua "la grave anomalia valdostana del Presidente-Prefetto, ovvero del controllato e del controllore riuniti nella stessa persona. Ditemi voi quale prefetto se la sentirebbe di sciogliere per infiltrazione mafiosa l'Amministrazione di un comune dove pesca anche voti in campagna elettorale...Una buona legge deve venire incontro ai nostri limiti e deve essere di tutela per una comunità; una legge che consente tale doppia carica non è una buona legge".

Per Rosy Bindi, però, il popolo valdostano "ha ormai nella stragrande maggioranza della sua comunità una sufficiente dose di anticorpi al virus delle mafie; dovrà coltivarli e ogni tanto rinforzarli, scegliendo nel segreto dell'urna le persone più competenti e distanti dalle logiche clientelari e soprattutto mafiose".

patrizio gabetti

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