Bruno Iaria, capo della 'locale' di Cuorgnè; Franco detto 'belli capelli', imprenditore canavesano che ha vissuto ad Aosta, titolare di imprese di pulizie, cooperative di servizi e night; e poi 'Accendino' e 'Tarzan', soprannomi di rampolli di famiglie calabresi che da decenni vivono e operano nel Canavese, dove hanno aperto società e imprese che spaziano dall'edilizia alla ricettività turistica.
Nomi e nomignoli di gente non qualunque; nomi, per chi li conosce, da pronunciare a bassa voce perchè sempre e comunque 'pericolosi': o perchè 'infami' capaci di mandare in galera rivali per prendere il loro posto, o perchè pronti a far male e anche tanto, quando serve. Nomi che insieme a tant altri emergono più volte dalle migliaia di pagine delle inchieste 'Geenna' ed 'Egomnia' della Dda di Torino e dei carabinieri di Aosta sulla presenza di una 'locale' di 'ndrangheta in Valle, perchè legati a oscure vicende valdostane mai venute alla luce perchè mai, finora, oggetto di inchieste giudiziarie.
Vicende però ben note ad alcuni indagati finiti in carcere il 23 gennaio 2019 nell'operazione 'Geenna', e condannati in primo grado a pesanti pene detentive come ad esempio Antonio Raso, titolare della pizzeria 'La Rotonda'; Marco Fabrizio Di Donato; Francesco Mammoliti e Salvatore Filice, che agli arresti non c'è andato ma è stato condannato a due anni e quattro mesi nel processo 'torinese' conclusosi a luglio con 12 condanne. I quattro furono intercettati in 'ambientale' il 10 luglio 2015 durante una conversazione alla pizzeria 'La Rotonda' di Raso: mostravano di essere pienamente a conoscenza delle dinamiche 'ndranghetiste delle 'locali' piemontesi e di come queste avessero allungato i tentacoli ben oltre il confine tra Carema e Pont-Saint-Martin, riuscendo a impossessarsi di diverse proprietà e a far fallire avviate ditte valdostane. Questa come molte altre intercettazioni non è stata oggetto di dibattimento processuale ma certamente offre un quadro chiaro dell'ingerenza di alcuni 'ndranghetisti in Valle d'Aosta.
Parlando di tal 'Franco belli capelli', Salvatore Filice spiega ai suoi interlocutori che "me l'hanno presentato come uno... come uno che ha una Casa di cura, un impresario che fa servizi sociali..." e Marco Di Donato precisa "tipo servizi anziani"; chi lo conosce bene però è Francesco Mammoliti: "A sua mamma gli ha mangiato tutto e a suo padre anche. Gli ha mangiato un impero... l'ultima volta che abitava qua, a Saint Vincent, all'impresario che aveva l'hotel (omissis) gli ha fottuto la ditta, si è preso la ditta...".
In altre occasioni, dal Piemonte sarebbero arrivati in Valle personaggi in grado di 'ricomporre' liti e scontri, persino un tentativo di estorsione a una famiglia ben nota negli ambienti della criminalità aostana.
Il 4 luglio 2016 un'intercettazione ambientale cattura una conversazione tra il pregiudicato campano Domenico D'Agostino e Marco Di Donato. Parlando di un uomo da poco arrivato ad Aosta, D'Agostino dice: "Questo è andato a fare le estorsioni nel bar al quartiere Cogne, al bar dove ci sono i Lombardi dentro, no?". Si tratta del Bar Nord, dove lo scorso giugno la polizia ha arrestato alcuni componenti della famiglia Lombardi con l'accusa di spaccio di droga e rapina impropria. Per riportare alla calma gli animi e far 'rientare' l'estorsione, sostiene D'Agostino, "è venuto ad Aosta lo zio di (omissis)...quello là di Tortona...uno bello, alto e grosso, sui 42, 43 anni". Un personaggio che deve avere un peso notevole e incutere molto timore, se in risposta Marco Di Donato che ha sempre fatto vanto di potere ed è considerato dagli inquirenti esponente di spicco della 'locale' aostana afferma: "Non so niente di nessuno di questi qua, non voglio neanche vederli, proprio...".