Esprimiamo una profonda indignazione per quanto emerso dall’ennesima inchiesta sul connubio della politica con la mafia, ma non vogliamo fermarci al giudizio morale sull'accaduto bensì invitare a una riflessione sulla pratica ormai sempre più diffusa, in Valle d'Aosta come altrove, della compravendita dei voti. Un' interpretazione dei fatti che si limiti alle sole responsabilità individuali dei personaggi politici coinvolti è per noi fuorviante e limitativa.
Così come troviamo pericolosamente riduttivo e infamante immaginare che la causa di tutti i mali in VDA siano i calabresi o chiunque venga da “fuori”. Il cosiddetto “pacchetto” di voti della 'ndrangheta è solo uno dei tanti presenti e disponibili sul mercato della compravendita locale. Magari è tra i più “facili”, veloci e paradossalmente affidabili, ma sicuramente non l’unico a disposizione. Il voto di scambio in Valle D’Aosta affligge diversi nodi economici e ampie porzioni del territorio regionale. Non abbiamo nessun timore a dire che il voto di scambio è un fenomeno talmente diffuso che ormai è percepito come “normale”. Addirittura come un modo "snello" di far politica, senza complicazioni morali o ideali, un mezzo facile per incontrare i bisogni della popolazione.
Questo è quello a cui ormai ci hanno abituato a furia di ingiustizie e di soprusi. Ma rassegnarsi a questa abitudine ha un effetto devastante sui nostri diritti e sul bene comune. Perché ogni volta che ci spacciano un diritto come un favore, questo diritto diventa moneta. E ogni volta che un diritto come quello alla salute, al lavoro, alla casa, diventa moneta privata, perdiamo un pezzo della nostra Democrazia. E più monete il politico ha in mano, più riesce ad allargare la sua clientela e la possibilità di rimanere al potere.
Lo abbiamo sempre detto e lo continueremo a dire forte e chiaro: il voto di scambio è un modo di fare politica che non ci piace e non ci appartiene. È una cultura che non ha radici in una o nell'altra regione, ma nel sistema economico in cui siamo costretti a vivere e che sta dimostrando sempre più di non funzionare anche nella nostra piccola e ricca regione. A questo sistema, opponiamo quello dei diritti di uguaglianza e giustizia sociale sanciti dalla nostra Costituzione. Non auspichiamo quindi nessuna delle prospettive che sembrano aprirsi sul prossimo futuro del Consiglio regionale.
Che si voti il Bilancio o meno, che si ricomponga una maggioranza e il Consiglio vada avanti rimuovendo i gravi fatti di cronaca di questi giorni nell'ennesimo dimenticatoio o meno, la nostra posizione rimarrà invariata. Potremo sembrare dei folli irresponsabili, ma chiediamo innanzitutto il rispetto dei diritti dei cittadini da parte di chi sta nelle Istituzioni e un cambio immediato di rotta da parte di chi ci tratta come merci e non come persone!





