Secondo i dati ISTAT, la popolazione straniera in Italia è di oltre 5 milioni di persone, e per circa il 20 per cento è composta da minorenni. Stranieri che molto spesso sono nati nel nostro Paese e sono pienamente inseriti nei percorsi scolastici: parlano la nostra lingua, frequentano le stesse scuole dei bambini e delle bambine cittadini italiani, con loro giocano e condividono passioni e percorsi formativi e educativi. Possono dirsi davvero stranieri nel Paese dove vivono?
È utile per l’Italia farli sentire stranieri? Produce più sicurezza o più integrazione?
Secondo i promotori dell'inziativa la società è cambiata e a regolare il fondamentale diritto alla «cittadinanza» non possono essere le medesime leggi di un tempo, ma norme nuove adeguate alle attuali esigenze del Paese. Norme che riconoscano la cittadinanza italiana a quelle bambine e a quei bambini definiti “stranieri” che invece fanno pienamente parte delle nostre comunità, sia per le relazioni che vivono, sia per i percorsi di educazione e formazione alla cittadinanza che seguono e per i percorsi scolastici che frequentano.
Il progetto di legge che proponiamo è identico a quello già approvato nella XVII legislatura dalla Camera dei Deputati e mai votato dal Senato della Repubblica.
"Abbiamo scelto questo testo - dicono i promotori - perché vogliamo idealmente ripartire da dove il Parlamento si è fermato, consapevoli che per molti di noi questa formulazione, frutto all’epoca di una mediazione, non rappresenta la proposta di legge perfetta ma è lo strumento più immediato per sollecitare il Parlamento a riaprire quel dibattito. È infatti per noi urgente che l’Italia affronti la questione dei “nuovi italiani” e si doti di una legge moderna sulla cittadinanza capace di rendere pienamente attiva una generazione di giovani di fatto italiani che condividono ambizioni, speranze, sogni, amicizie e amori con i loro coetanei che italiani pure sono".






