Fuggire no, non fuggirebbe. Al contrario, potrebbe restare ad Aosta "per alterare l'andamento delle indagini" o per commettere "vicende criminali analoghe" a quelle che tre mesi fa lo hanno condotto in carcere. Ecco perchè, secondo i giudici del Tribunale del Riesame di Torino che lo scorso febbraio hanno valutato il ricorso del suo avvocato difensore (Raffaele Della Valle del foro di Monza), deve restare in una cella di isolamento del carcere di Biella il 52enne Marco Sorbara, ex assessore alle Politiche sociali del Comune di Aosta e consigliere regionale Uv, sospeso dalla carica perchè arrrestato il 23 gennaio scorso per concorso esterno in associazione mafiosa insieme ad altre 15 persone nell'ambito dell'operazione antimafia della Dda e dei carabinieri denominata 'Geenna', su una presunta 'ndrina valdostana.
In 40 pagine di motivazioni al respingimento dell'istanza di arresti domiciliari inoltrata a febbraio dal legale di Sorbara, il collegio giudicante composto dalle togate Loretta Bianco, Marta Sterpos e Francesca Roseti ha espresso parole durissime contro l'ormai ex esponente dell'Union valdotaine. Parole che devono aver pesato anche sulla più recente, e pressoché scontata, decisione del Tribunale della Libertà, che prima di Pasqua ha espresso anch'esso parere negativo alla scarcerazione. Parole che rivelano inoltre, e questa forse è la novità più imporante, che l'inchiesta culminata nell'operazione 'Geenna' non solo non è conclusa ma, anzi, proprio in questi giorni sono in corso approfondimenti investigativi così importanti da far temere i giudici che Sorbara, anche se confinato in casa ai domiciliari, potrebbe adoperarsi per inquinarli.
In sintesi, all'ex assessore comunale e consigliere regionale gli inquirenti della Dda di Torino e dei carabinieri di Aosta contestano di aver ceduto alle pressioni di Antonio Raso (anch'egli arrestato in 'Geenna'), titolare della pizzeria La Rotonda di Aosta e considerato uno dei 'capi' della 'locale' aostana di 'ndrangheta, ovvero di aver stretto un accordo criminoso: passaggio di informazioni riservate e interessamento privato presso la Giunta comunale aostana in cambio di voti, oltre a un accordo non scritto ma bensì "d'onore" per mettere i bastoni tra le ruote ad eventuali nemici comuni o avversari politici.
Poco importa al Riesame se l'avvocato Della Valle si è fatto in quattro per dimostrare che molti calabresi ai quali Raso si era rivolto chiedendo un sostegno elettorale per Sorbara, in realtà non lo abbiano votato preferendogli altri candidati. Scrivono al contrario i giudici che Sorbara ha goduto appieno dell'appoggio elettorale della presunta 'ndrina, nelle cui mani, testualmente, "ha messo la propria attività politico-istituzionale". I giudici nelle loro motivazioni riprendono intercettazioni e stralci dell'ormai famosa ordinanza di 980 pagine emessa nei confronti dei 16 arrestati, ma anche 'pescano' dai voluminosi allegati, ricostruendo un quadro di connivenze e tentativi insistenti di 'aggancio' a esponenti della 'ndrina da parte di diversi politici valdostani.
A influire sul 'no' alla scarcerazione di Marco Sorbara, dunque, vi è il timore che dalla sua abitazione egli potrebbe compromettere l'inchiesta.
"Ipotesi assurda - insiste con forza il suo avvocato - dettata da un'ansia inquirente piuttosto che dal buon senso, anche perchè Sorbara non ha mai violato la legge e sono ormai trascorsi cento giorni dal suo arresto, tanti da rendere risibile l'idea che possa reitare delitti".
Ma, replicano nero su bianco i giudici, andando per la loro strada e sposando in pieno la tesi accusatoria, "gli arresti domiciliari, comunque sproporzionati per difetto alla gravità dei fatti in contestazione a Sorbara e al contesto di criminalità organizzata al quale è risultato limitrofo il politico aostano, non sono misura in grado di neutralizzare le esigenze cautelari proprie del caso di specie a favore di soggetto che abbia tali legami criminali e politici". In pratica Marco Sorbara "anche senza violare formalmente il luogo di detenzione (ovvero senza evadere dalla propria abitazione ndr) potrebbe attivarsi per alterare l'andamento delle indagini o per commettere analoghe vicende criminali anche solo ricorrendo all'utilizzo di mezzi di comunicazione, specialmente quando, come nel caso di specie, debbano essere compiuti molti e importanti approfondimenti investigativi presso le realtà locali in cui il politico ha, sino ad oggi, operato con tali modalità".
Il riferimento è, oltre alle indagini penali della Dda, anche all'attività delle Commissioni d'inchiesta antimafia che stanno vagliando atti e delibere dei Comuni di Aosta e Saint-Pierre, interessati dall'operazione Geenna. L'eventualità che Sorbara tenti di inquinare prove e inchiesta, secondo il Riesame "non può essere fronteggiata con i divieti di comunicazione né dal braccialetto elettronico, inutile a fronte di comportamenti delittuosi che prescindono dalla violazione del luogo di restrizione". Confermando l'arresto in carcere, i giudici hanno anche condannato Marco Sorbara al pagamento delle spese del procedimento di riesame.
Il 4 aprile il politico detenuto è stato interrogato per quasi cinque ore dai pm inquirenti; la successiva istanza di arresto domiciliare ha avuto anch'essa esito negativo. L'avvocato Della Valle non demorde e lunedì 29 aprile ha presentato una nuova richiesta di scarcerazione per Sorbara. "E' una guerra di nervi - afferma - vogliono che un uomo logorato da mesi di isolamento carcerario confessi colpe che non ha, reati che non ha commesso. C'è amarezza, ma non ci arrendiamo".
Il fatto
L'operazione Geenna della Dda di Torino e dei carabinieri di Aosta dopo quattro anni di indagini ha condotto all'arresto, il 23 gennaio scorso, di sedici persone di cui undici in Valle e gli altri in Piemonte e a San Luca in Calabria.
In carcere in Valle d'Aosta tre politici (foto a lato): il consigliere regionale Marco Sorbara, eletto nelle fila dell'Uv; il consigliere comunale unionista Nicola Prettico; Monica Carcea, assessore alla Programmazione del Comune di Saint-Pierre; manette anche per il noto avvocato penalista torinese Carlo Maria Romeo e per il presunto capo della 'locale' Marco Di Donato; arrestati anche Bruno Nirta e Antonio Raso, considerati 'promotori' del sodalizio criminale.





