Uomo di preghiera, di annuncio e di comunione: ecco il profilo del vescovo secondo Papa Francesco, che nella mattina di sabato 8 settembre ha ricevuto in udienza nella Sala Clementina i presuli partecipanti al seminario promosso dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli. A Sua Eccellenza Franco Lovignana, Vescovo di Aosta abbiamo chiesto di commentare il pensiero di Sua Santità Papa Francesco.
“Le tre parole usate dal Papa per definire il ministero dei Vescovi sono tre pennellate che da sempre servono per dipingere il ritratto ecclesiale dei Successori degli Apostoli. Eppure sono parole che oggi assumono una forza d’urto perché mettono in discussione alcuni postulati della cultura mediatica che legge e interpreta la vita della Chiesa e che io definisco come ‘orizzontalizzazione’ del cristianesimo, mondanizzazione della Chiesa ed efficientismo dell’azione pastorale.
Sono postulati che rischiano di penetrare anche nel pensiero e nella prassi della Chiesa. Richiamare alla preghiera, come primo pilastro del ministero episcopale, significa ricordare l’oltre, la trascendente potenza di Dio che agisce però dentro alla storia degli uomini. Pregare vuol dire continuamente convertirsi dall’io a Dio, riconoscendo che chi ha in mano il timone della nave è Lui.
La mondanità, da cui tanto ci mette in guardia papa Francesco, non è tanto la frequentazione di luoghi mondani quanto piuttosto guardare e vivere la vita della Chiesa secondo la logica del mondo (numeri, risorse, pianificazioni infinite ...), dimenticando che c’è una dimensione divina e trascendente che la caratterizza e che è riconducibile alla presenza e all’azione dello Spirito Santo.
Quanti battezzati, dovendo definire chi è il cristiano, direbbero oggi con san Paolo che è colui nel quale abita lo Spirito del Signore?
Richiamare al compito di annunciare il Vangelo non vuol dire solo ricordare il dovere della predicazione. Oggi, personalmente, ascolto questa parola come un campanello d’allarme: chi e che cosa annuncio? Da tante parti si vuole ridurre il cristianesimo ad una pura morale umana, ad una specie di galateo politicamente corretto, ma il Vangelo è annuncio di Gesù Cristo Figlio di Dio fatto uomo, unico Salvatore degli uomini, morto e risorto perché gli uomini possano avere il perdono dei peccati e la vita al di là della morte attraverso la risurrezione della carne. Quando San Paolo annunciò questo Vangelo ad Atene, nel luogo dove filosofi, sapienti e politici avevano il loro circolo eletto, si sentì dire: «su questo ti sentiremo un’altra volta».
Il mondo non è cambiato. Anche oggi è così. Se parliamo di come ci si debba comportare per rispettare la libertà altrui, se diciamo parole che si coniugano con la cultura dominante, gli applausi sono garantiti. Se invece tocchiamo l’essenziale della fede cristiana che ha a che fare con l’Incarnazione di Dio, la vittoria di Gesù Cristo sul male e sulla morte, con la vita nell’al di là, con il Vangelo delle beatitudini .... allora scatta la censura e queste parole non passano il filtro mediatico.
La terza pennellata dipinge il Vescovo come uomo di comunione. E’ il tratto più difficile da vivere, considerando che il Vescovo è anche uomo di governo e deve prendere decisioni che non sempre accontentano tutti. Non si può tradurre comunione con “vissero felici e contenti”.
La comunione ha a che fare con la verità che non può mai essere misconosciuta neppure per cercare accordi a basso costo. Sarebbe un falso irenismo, come nascondere la polvere sotto il tappeto. Oggi, a volte, pare impossibile, eppure rimane necessario partire proprio dalla verità di Dio e della vita da Lui creata se si vuole costruire comunione.
La comunione ha a che fare con la complessità delle relazioni tra le persone, con la complessità della storia e delle esperienze personali, con la complessità delle culture, delle visioni filosofiche ed etiche che caratterizzano le nostre società occidentali. Eppure la pazienza degli incontri, la sapienza della Chiesa che mette accanto al Vescovo collaboratori e organismi di partecipazione possono aiutare molto nel tessere quella trama che permette di comporre le differenze in unità”.
+ Franco Lovignana Vescovo di Aosta





