- 16 maggio 2018, 10:26

Sanzioni per irregolarità nelle etichettature prodotti agroalimentari

Il Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari - ICQRF – ha emanato la circolare n. 156934 del 10 maggio 2018 per fornire alcune prime indicazioni sul D.Lgs. 231/2017 in materia di etichettatura

Sanzioni per irregolarità nelle etichettature prodotti agroalimentari

Insieme alla circolare è stata pubblicata una tabella che costituisce il prontuario delle sanzioni, in cui sono indicati gli importi delle singole sanzioni, le eventuali possibili riduzioni e i casi di applicabilità della diffida.

La circolare è pubblicata sul sito del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ed è raggiungibile cliccando su questo collegamento.

Tralasciando l'esame puntuale delle singole disposizioni del D.Lgs. 231/2017, per il quale si rimanda alla Com. n. 13 del 12 febbraio 2018, appare utile soffermarsi su alcuni dei chiarimenti forniti dall'ICQRF.

L'Ispettorato indica, in particolare, che la sanzione prevista dall'articolo 3 per la violazione delle pratiche leali di informazione di cui all'articolo 7 del regolamento 1169/2011 (di seguito "regolamento"), sarà applicabile anche in tutti i casi in cui le informazioni sugli alimenti non siano riportate in lingua italiana, per i prodotti esposti al consumatore finale. Il citato art. 7 infatti, prevede, al par. 2, che "le informazioni sugli alimenti sono precise, chiare e facilmente comprensibili per il consumatore".

Si tratta di un chiarimento opportuno dal momento che è l'articolo 15 del regolamento a stabilire che le informazioni obbligatorie devono apparire in una lingua facilmente comprensibile per i consumatori. Poiché il provvedimento nazionale non prevede alcuna sanzione per la sua violazione, tale fattispecie poteva sembrare priva di tutela.

Rispetto alle sanzioni per l'omissione delle indicazioni obbligatorie, la circolare ricorda che l'obbligo di fornire le informazioni di carattere nutrizionale nel caso in cui in etichetta sia formulata un'indicazione nutrizionale o sulla salute ai sensi del reg. 1924/2006, è sanzionata in base all'art. 7 del D.Lgs. 27/2017, che rimarrà quindi l'unica disposizione applicabile in tale circostanza.

Viene poi ricordata la possibilità di omettere l'indicazione del lotto, prevista ai sensi dell'art. 17 del decreto, nel caso in cui la data di scadenza o il termine minimo di conservazione siano espressi almeno con il giorno e il mese. In proposito, la circolare segnala che, diversamente da quanto prevedeva l'art. 15, comma 7, del D.Lgs. 109/1992, non è più possibile considerare "indicazioni del lotto eventuali altre date qualora espresse con la menzione del giorno, del mese e dell'anno" come poteva avvenire, ad esempio, con la data di confezionamento del prodotto.

Riguardo ai profili inerenti l'accertamento e l'applicazione delle sanzioni, la circolare dà conto, innanzitutto, di come l'irrogazione delle sanzioni, di competenza dell'ICQRF, sia stata delegata ai Direttori degli Uffici territoriali in relazione alla rispettiva circoscrizione di competenza.

Per le violazioni commesse fino all'8 maggio 2018 rimarrà applicabile la normativa previgente. Pertanto, anche nel caso di violazioni accertate e contestate dopo l'entrata in vigore del decreto, rimarranno competenti le Regioni e Province autonome o le Autorità da esse delegate.

L'ICQRF fornisce, poi, alcuni importanti chiarimenti in merito alla disposizione di cui all'art. 27, comma 3, del decreto, che prevede che, nel caso in cui la violazione sia commessa da microimprese, "la sanzione amministrativa è ridotta sino ad un terzo".

Secondo la circolare è opportuno che gli organi che svolgono i controlli si preoccupino, già in sede di programmazione degli stessi, di verificare l'appartenenza delle imprese che intendono controllare alla categoria delle microimprese, in modo da potergli applicare le riduzione al momento della contestazione della violazione, così che possa sommarsi alla possibilità del pagamento della sanzione in misura ridotta.

Nel caso in cui l'organo di controllo non dovesse provvedere a qualificare l'impresa come "microimpresa", dovrebbe essere considerata ammissibile un'autodichiarazione in tal senso da parte della stessa impresa. Abbiamo prospettato informalmente al MiSE tale soluzione e siamo in attesa di una risposta.

Ricordiamo che, ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003, "si definisce microimpresa un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR".

Nel caso in cui sia accertata la sussistenza di entrambi i requisiti necessari, lo stesso organo che accerta la violazione dovrà quindi procedere a rideterminare la sanzione pecuniaria "riducendola ad un terzo dell'importo edittale previsto". Viene, in tal modo, confermata l'interpretazione della disposizione che si era data nella risposta al quesito n. 5 di cui alla citata Com. n. 20 del 19 aprile 2018, sia rispetto all'entità della riduzione che rispetto alla sua applicabilità automatica.

All'importo così determinato si potranno applicare le disposizioni relative al pagamento in misura ridotta.

La tabella allegata alla circolare, che contiene il prontuario, distingue le sanzioni applicabili alle microimprese da quelle applicabili negli altri casi, indicando volta per volta gli importi edittali minimi e massimi, nonché gli importi dovuti in caso di pagamento in misura ridotta e di riduzione del 30% nel caso di pagamento entro 5 giorni.

La tabella chiarisce che, a patto che ne ricorrano le condizioni, la diffida è potenzialmente applicabile alla maggior parte delle violazioni previste dal provvedimento. Gli unici casi espressamente esclusi sono quelli della cessione o esposizione per la vendita al consumatore di un prodotto oltre la sua data di scadenza (art. 12, comma 3) e i casi di violazioni commesse nella vendita di prodotti non preimballati effettuata tramite distributori automatici (art. 22, commi 1 e 2).

La diffida è stata invece ritenuta applicabile nei casi di vendita dei prodotti non preimballati previsti dall'art. 23, tra i quali rientrano anche l'omessa o difforme indicazione degli allergeni nella vendita dei prodotti e per gli alimenti serviti dalle collettività, a condizione comunque che il prodotto non sia stato commercializzato.

Per ulteriori chiarimenti sulla diffida, la stessa circolare rimanda alle indicazioni fornite con la circolare emanata il 21 agosto 2014 in occasione della conversione in legge del D.L. 91/2014 che ha introdotto tale istituto.

La suddetta circolare è disponibile, insieme ai modelli destinati agli organi accertatori, cliccando su questo collegamento.

Infine, la circolare ricorda i contenuti della nota del MiSE del 9 aprile 2018 relativa all'abrogazione degli articoli del D.Lgs. 109/1992 che intervenivano su alcune discipline settoriali e traccia il quadro delle disposizioni ancora in vigore in merito alla durabilità del latte.

SU