Crescendo in Albania, l'immagine più realistica della donna italiana emancipata me l'ha trasmessa il cinema. Mi ricordo 'Matrimonio all' italiana', in cui Sofia Loren con la sua solarità salutava i coetanei mentre passeggiava per la strada, felice e indipendente.
E oggi Dù (cosi la chiamano gli amici) mi ricorda quella splendida attrice che mentre camminava per le strade, tutti la guardavano e ne cercavano un saluto, un sorriso. Dhurata, 41 anni vissuti intensamente, è una donna albanese e nel contempo 'italianissima', curata e precisa, seria e solare.
Madre di due bimbi, sposata con il valdostano Gianluca Pavese, con cui gestisce da circa 10 anni 'La Vieille Meison De Pappa', Bed&Breakfast al castello di Sarre. Una realtà turistico ricettiva moderna e 'bio', perfettamente incastonata negli spazi del castello.
Imprenditrice, ma anche madre e moglie premurosa e presente, Dhurata Meynet è una donna dalla vita 'piena' nel vero senso del termine.
Una migrante dalle idee chiare
- Quando hai lasciato il tuo Paese avevi 15 anni. Cosa ricordi di quei giorni?
Non potrò mai dimenticare quel mercoledì di marzo di 26 anni fa, il giorno che ha cambiato la mia vita. Ero solo un adolescente, quel giorno ero preoccupata per un esame di biologia. Ero incerta sul futuro ma il presente in Albania mi spaventava. Improvvisamente con le mie amiche abbiamo deciso di prendere una nave e lasciare il Paese per venire in Italia...”.
Non ci pensai due volte: sapevo da dove venivo, non dove andavo. E nessuno dei miei famigliari conosceva né la mia destinazione né i miei progetti.
- Poi, i tuoi genitori, mentre angosciati seguivano il telegiornale albanese, ti hanno vista in televisione...
Sì, un giornalista della Rai mi aveva intervistata subito dopo lo sbarco e io al microfono cercavo di spiegare, in un pessimo italiano, le ragioni della nostra fuga. Per i miei fu un sollievo vedere che comunque ero arrivata in Italia e stavo bene.
- Dalle coste pugliesi sei arrivata subito in Valle d'Aosta?
Sbarcammo a Brindisi, vi restai qualche mese ospite di una coppia meravigliosa, Antonio e sua moglie Rosa, con i quali sono ancora in contatto. Nel maggio del 1991 raggiunsi Savona e di lì la Valle d'Aosta, dove fui accolta dalla famiglia Meynet a Ville sur Sarre, che in poco tempo è diventata la mia 'seconda' famiglia, quella che mi ha cambiato la vita e mi ha aperto gli occhi.
- Quando capisti che la tua vita stava per prendere una svolta decisiva?
Poco dopo essere arrivata in Valle, compresi che era giunto per me il momento di prendermi delle responsabilità. Questo perchè finalmente potevo vedere il resto del mondo, ciò che c'era al di fuori dell'Albania, dove un governo di transizione impediva e vietava alla popolazione di vivere in modo dignitoso, e di godere della vita stessa.
In Albania sono stata educata in maniera molto rigida dai miei genitori, onesti e carichi di valori positivi. Era però difficile applicare i loro insegnamenti in un Paese dilaniato dalla povertà e da lotte politiche continue. In Valle d'Aosta la famiglia Meynet, che mi ha accolto come una figlia, ha potuto coltivare al meglio quei valori che in me erano già radicati, in un ambiente sano, equilibrato. Sono stati i miei 'secondi genitori', ma quasi altrettanto importanti di quelli biologici. Loro mi hanno insegnato a lavorare con professionalità e a guadagnare in modo onesto. E mi hanno educato a rispettare ogni cosa, perchè ogni cosa ha un valore.
- In Valle d'Aosta hai iniziato subito a lavorare?
Certamente. E lavoravo sodo. Nella sola estate del 1992 guadagnai un milione e mezzo di lire, che per una ragazzina che proveniva da un Paese poverissimo era una fortuna.
- Ti ricordi cosa hai fatto con quei primi soldi?
- La mia famiglia adottiva me li mise in un conto in banca. Io lavoravo con i libretti in regola, portavo soldi a casa ma il denaro delle mance, finiva nei risparmi per i miei studi. Così quei soldi mi hanno aiutata a progettare meglio il mio futuro. Perchè studiai all'estero, e viaggiare costa! Nel 2000 vinsi una borsa di studio e sfruttai anche quell'occasione per migliorare i miei corsi di studio. Con l'aiuto del mio papà adottivo, Romeo, che è un pilota di aerei, divenni assistente di volo; un lavoro che non mi entusiasmava, ma comunque un'esperienza utile da affiancare agli studi.
Cos'ha significato per te lo studio?
A me la scuola piaceva. Ho frequentato l'Università di Chambery dal 1997 al 2002, laureandomi in lingue straniere applicate al commercio internazionale. Ho ottenuto un master in turismo, che mi ha permesso di fare esperienze a Firenze, a Madrid e a Barcellona. Dal 2002 ho lavorato in alcune aziende valdostane, tra le quali la Napapjiri fino a quando, nel 2004, mi sono sposata.
- E finalmente, dunque, arrivò il tempo, come si dice in Valle d'Aosta, di 'mettere su famiglia'...
Mi sono sposata dopo otto anni di fidanzamento con Gianluca (nelle foto a lato, Du con Gianluca Pavese in una vacanza). Nel 2007 è nata Sofia, nel 2009 Edoardo. Nel 2006 abbiamo inaugurato il nostro Bed&Breakfast. I primi clienti sono arrivati durante le feste natalizie 2006-2007, quando Sofia stava per nascere. Il fatto di poter restare per molto tempo a casa con la bimba mi permise di gestire meglio il mio nuovo lavoro, che mi piaceva molto.
- E tuo marito, ti è sempre stavo vicino nelle tue scelte, nel tuo percorso in questi anni?
Luca ha sempre appoggiato le mie decisioni.
- Ti ritieni una donna fortunata?
Beh, diciamo che ho una sorta di 'angelo custode' che mi segue! Ma mi sono data molto da fare per conquistarmi uno spazio nel mondo.
- Cosa ti manca dell'Albania, cosa rimpiangi?
Mi mancano l'atmosfera del periodo della mia giovinezza, l'aria di purezza che respiravo a Durazzo e in tutta l'Albania a quell'epoca, che ora purtroppo non è più. A me manca questa piccola ma grande cosa.
I miei ricordi sono legati all'Albania di allora, quella di oggi non mi piace per niente. Mi rimangono i ricordi di quando correvo scalza con mio padre in villaggi di montagna che oggi forse non ci sono nemmeno più...Era bellissimo! Mi mancano queste piccole cose, vivo ogni tanto questa nostalgia infantile che mi porta anche lacrime. Quel passato non torna. Oggi l'Albania si vanta di essere un Paese 'nuovo', 'moderno', perché per gli albanesi tutto quello che è 'vecchio', secondo loro, bisogna distruggerlo, o venderlo. Questo non va bene, è un atteggiamento sbagliato perchè così facendo distruggi le radici di un popolo, perdi i punti di riferimento, non sai più chi sei! A Durazzo, per esempio, hanno costruito orrendi palazzi di 20 piani e stanno lasciando letteralmente crollare il centro storico. E' una follia!
- La comunità albanese in Valle è molto numerosa, ma come ti spieghi che nessun albanese lavora nell' amministrazione pubblica valdostana?
Beh, per poter lavorare nell'Amministrazione pubblica valdostana occorre passare l'esame di francese, e questo per molti miei connazionali è un ostacolo molto difficile da superare. E poi forse è comprensibile che gli impieghi pubblici siano di preferenza destinati a chi in Valle ha radici forti, di sangue oltreché di suolo”. Trovo i miei connazionali piuttosto indifferenti rispetto alla realtà che li circonda; forse non hanno realmente interesse per questi tipi di lavoro. Forse agli albanesi emigrati manca quel pizzico di umiltà in più che permetterebbe loro di integrarsi al meglio.
- Sei arrivata dal mare alla montagna: cosa ti piace e cosa detesti della Valle d'Aosta?
Di questa regione mi piace tutto, ormai! Da ragazza avevo lo spirito della viaggiatrice, e quando sono arrivata in Valle mi sono chiesta: “Ma io cosa faccio in mezzo a queste montagne?”. Mi sentivo soffocare. Ma qui ho trovato quello che cercavo, persone meravigliose, ambiente sano e sereno, un ottimo welfare. Qui la gente si saluta ancora con entusiasmo, anche e soprattutto nei piccoli villaggi, è una comunità dove cresce uno splendido volontariato, che sa accogliere lo straniero non come un 'diverso' ma come qualcuno da conoscere e apprezzare per quello che è. Credo che i valdostani siano migliori addirittura di quanto loro stessi credono.