CULTURA - 08 marzo 2016, 05:00

L'8 marzo e i bollettini di guerra alle donne

L'8 marzo e i bollettini di guerra alle donne

Chi è cresciuto e si è formato negli anni settanta, non ha potuto non riflettere e discernere di femminismo, da qualunque parte della “barricata” si trovasse. Un movimento importante, rivoluzionario, che aveva come obiettivo quello di dare alla figura femminile una dignità che era ben lungi dall’esserle riconosciuta in quanto individuo, di pari valore degli altri esseri umani, gli uomini.

Era una lotta portata avanti soprattutto dalla sinistra, perché erano gli anni in cui la sinistra (che allora era soprattutto il comunismo, sembra preistoria….) si faceva portavoce del malessere collettivo, prospettando l’uguaglianza di tutti a tutti i livelli, nel lavoro, nella scuola e, appunto, nelle disparità di genere.

Alla vigilia dell’ennesimo 8 marzo, prepariamoci alla valanga di celebrazioni e frasi retoriche che ci pioveranno addosso da ogni parte. Come ha evidenziato nel suo serissimo editoriale il direttore Minuzzo, i festeggiamenti di quest’anno non potranno però nascondere il triste fallimento di quelle battaglie a favore della donna. Le cronache sono purtroppo veri bollettini di guerra in quanto a ingiustizie, violenze e femminicidi (parola orribile, ma quanti sono, se si è sentito il bisogno di coniarla?).

Se poi tocchiamo l’argomento del giorno, la svendita del proprio utero, non possiamo non renderci conto di come le donne siamo ancora ben lontane dall’aver conquistato quella dignità che deriva dall’avere in primis rispetto di se stesse, accantonato per necessità o disperazione.

Sento però il bisogno di sdrammatizzare quanto tristemente espresso da Piero Minuzzo. Non è vero che femminismo e sinistra non esistono in più! Le donne aostane domani avranno un ottimo motivo per festeggiare l’8 marzo. La sinistra rappresentata al Comune di Aosta l’ha avuta vinta su un principio fondamentale per l’emancipazione femminile. Grazie ad una mozione approvata in consiglio comunale, d’ora in poi le donne che ricoprono funzioni pubbliche potranno pretendere di essere chiamate sindaca, assessora, avvocata… per una vera parità di genere!

Cioè, quella sinistra che storicamente dovrebbe occuparsi dei disagi sociali di una città abbandonata a se stessa, si fa pagare per stare a discutere di come declinare al femminile le cariche istituzionali. Posso capire le buone intenzioni e il bisogno, sempre più impellente nella politica, di avere visibilità a tutti i costi (per quanto la notizia sia passata nella più sconsolata indifferenza). Ma sarebbe il caso di sottolineare, come d'altronde qualcuno a già fatto, che ci sono ben altre urgenze di cui occuparsi. La consigliera che ha presentato l’iniziativa, forse non ha notato che c’è un termine che identifica coloro che subiscono abusi, violenze e sfruttamento, che è declinato nella sola forma femminile, ed è “vittima”.

Niente di cui inorgoglirsi, purtroppo.

panta rey

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