FEDE E RELIGIONI - 04 novembre 2015, 09:30

Il serpente sulla croce

Il serpente sulla croce

Chi non vive per servire non serve per vivere «Siamo chiamati a rinnovare la scelta di servire nella Chiesa»: lo ha ribadito Papa Francesco celebrando martedì 3 novembre, nella basilica vaticana, la messa in suffragio dei cardinali e vescovi morti durante l’anno. Incentrando la sua riflessione sul significato della parola «ministrare, ovvero servire», il Pontefice ha sottolineato che sebbene «chi serve e dona» può sembrare «un perdente agli occhi del mondo», in realtà «chi serve, salva» e di conseguenza «chi non vive per servire, non serve per vivere».

Un ammonimento che ha trovato riscontro nelle letture proclamate durante la celebrazione. Commentandole, il Papa ha spiegato che «nel Vangelo Cristo si paragona al “serpente innalzato”», secondo un’immagine che «rimanda all’episodio dei serpenti velenosi», i quali «nel deserto attaccavano il popolo in cammino». Però «gli israeliti morsi dai serpenti, rimanevano in vita se guardavano il serpente di bronzo che Mosè aveva innalzato su un’asta».

Insomma «un serpente salvava dai serpenti». E «la stessa logica è presente nella croce» di Cristo. Quindi attualizzando il discorso Francesco ha sottolineato che «anche ai nostri occhi la morte sempre appare buia e angosciante. Gesù però — ha subito precisato — non l’ha fuggita, ma l’ha presa pienamente su di sé con tutte le sue contraddizioni».

Per cui «noi, guardando a lui, credendo in lui, veniamo salvati da lui». In pratica, questo è lo stile di Dio, «che ci salva servendoci e annientandosi» e «ha molto da insegnarci». Che cosa? Francesco lo ha spiegato chiaramente: «Noi ci aspetteremmo una vittoria divina trionfante; Gesù invece ci mostra una vittoria umilissima. Innalzato sulla croce, lascia che il male e la morte si accaniscano contro di lui mentre continua ad amare». Eppure, ha fatto notare, «per noi è difficile accettare questa realtà», perché tendenzialmente «siamo portati ad amare ciò di cui sentiamo il bisogno e che desideriamo», mentre «Dio ama fino alla fine».

Da qui l’invito a chiedere al Signore nella preghiera la capacità di saper pensare «all’amore di Dio e del prossimo, più che ai nostri bisogni. Che non abbiamo a inquietarci per quello che ci manca quaggiù, ma per il tesoro di lassù; non per quello che ci serve, ma per ciò che veramente serve». Solo così, ha concluso, saremo servi secondo il cuore di Cristo, e «non funzionari che prestano servizio».

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