Spero nessuno abbia niente in contrario se mi permetto di affermare che la società moderna è caratterizzata da un diffuso nonsenso. Sociologi ed antropologi si trovano spesso concordi nell'affermare che le persone si siano adattate ad una sorta di mutazione metafisica, tali da renderle simili ad unplotone di “surfisti” dell'esistenza, che scivolano leggiadri e noncuranti sul pelo della vita senza fermarsi a pensare o a tentare di carpire il vero significato e l'autentico senso di ciò che incontrano lungo la propria strada. Hanno il timore di scendere in profondità per paura di annegare. Così restano a pelo d'acqua, dove la visuale è apparentemente più nitida.
Ma dove è difficile trovare l'essenza delle cose. Viviamo in un mondo che ha abbattuto ogni barriera cercando di uniformare in un miscuglio - più o meno omogeneo - le diverse culture e le scuole di pensiero e che per merito del progresso tecnologico ha permesso di cancellare qualsiasi distanza. Una realtà dove i sogni sembrano più vicini, meno nebulosi,dove si può fare davvero tutto. In cui tutti possono fare tutto. Così nelle classifiche dei libri più venduti troviamole ricette di un'attrice per il pranzo di Natale, la raccolta di battute di un comico, i consigli d'amore di opinionisti televisivi. Al Luna Park possiamo imbatterci nelle simulazioni di una morte su sediaelettrica. In televisione facciamo scorpacciate di programmi di approfondimento che solleticanola nostra morbosità voyeurista, mentre scavano nei meandri della vita e della psiche di assassini e psicopatici, senza lesinare sui dettagli più agghiaccianti. Qualcuno sostiene si tratti del prezzoda pagare per la globalizzazione, ma nessuno sa definire con certezza il peso e la portata di tali mutamenti. Ne esistono una moltitudine di esempi,ma nessun concetto concreto che sia in grado di identificarne il senso.
Io non sono contrario ad un mondo globale: offre innegabili vantaggi e ne riconosco il pregio di aver contribuito a migliorare la vita in diversi contesti.Quello che non capisco è come gli individuiabbiano perso il senso del giudizio e si sentan opotenzialmente in grado di raggiungere, intutto, livelli di eccellenza. Certamente: con la globalizzazione tutti possono fare tutto. Peccato che molto spesso il “tutto” sia fatto male, con la conseguente pretesa di arrivare all'apice della qualità senza il minimo sforzo, soltanto per il fatto di averavuto l'opportunità di farlo. Il motto diventa: “posso provarci? Bene, questa è la chiave d'ingresso per la porta del mio successo.
”Sia chiaro, non sono un difensore dell'ideale romanticista sul valore della fatica: non sono d'accordo con chi afferma che le cose facili,conquistate senza fatica, abbiano meno valore di quelle ottenute con grandi sforzi e sacrifici. Credo però che una società dove in qualunquecircostanza sia possibile prendere l'ascensore per raggiungere il piano più alto del palazzo delle“opportunità” assomigli ad una realtà che scorre eccessivamente in superficie, scivolando nella banalità e nel qualunquismo. Forse a volte fare qualche rampa di scale per raggiungere la vette più alte ci costringerebbe innanzitutto a camminare più lentamente e, diconseguenza, ad osservare. Vedere ciò che lasciamo alle spalle, ciò che ci circonda e il traguardo che possiamo raggiungere. E con questa semplice visione d'insieme, sapremmo senza dubbio valorizzare meglio la posizione conquistata.





