POLITICA - 26 novembre 2012, 09:30

La riflessione delle tre scimmiette

La riflessione delle tre scimmiette

Nel momento in cui ho dovuto pensare al tema di questo editoriale mi sono reso conto che avrei voluto parlare di tante cose, perché mai come in un periodo che precede l’avvio di una campagna elettorale fervono le novità, i temi e le proposte. Non è da meno la Valle d’Aosta che, tra voti referendari, candidature europee di prestigio e prossime ristrutturazioni dell’assetto amministrativo non permette certo alla noia di prendere il sopravvento. Ho scelto quindi di fare una breve sintesi dei temi sui quali mi sono soffermato a riflettere e che a mio giudizio meritavano un approfondimento particolare, reinterpretando in modo personale il motto illustrato delle tre scimmie sagge, che danno corpo al principio proverbiale del “non vedo, non sento, non parlo”.

NON VEDO. E’ un timore. I sindaci valdostani sono preoccupati, non vedono la prospettiva di un futuro roseo per i propri comuni, sia dal punto di vista delle risorse, così come per la garanzia dei servizi ai cittadini. Incombe lo spettro di una riforma degli enti locali non condivisa con il territorio, che rischia di buttare all’aria l’assetto amministrativo della nostra Regione. La stretta in atto da parte del governo nazionale si traduce nella previsione di una riduzione delle risorse: per i trasferimenti alla finanza locale si parla di un minor gettito in entrata di 13 milioni di euro nel 2013 ed i vincoli imposti dal patto di stabilità nazionale (sempre più stringente) stimano nella cifra di 22 milioni di euro la quota di fondi “non spendibili”. E’ necessario intervenire in qualche modo: la riforma mira alla nascita di unioni di comuni con una popolazione di almeno 2.000 abitanti, con il compito di gestire in forma associata tutte le funzioni, ad eccezione di anagrafe e stato civile. C’è chi si dice favorevole e chi invece preferirebbe una convenzione di servizi fra comuni, che avrebbe un impatto più graduale, oltre alla ferma volontà di mantenere l’appartenenza territoriale. Proprio su questo aspetto si concentra il divario di opinioni: i comuni piccoli hanno ancora un senso? Io credo di sì, perché in una realtà di montagna come la nostra cancellare i comuni significherebbe perdere un’identità ed eliminare un aiuto concreto alla popolazione, legato al presidio del territorio ed al mantenimento di una montagna viva. Nel loro piccolo gli amministratori comunali, proprio per la vicinanza con i cittadini, rappresentano un punto di riferimento imprescindibile.

NON PARLO. E’ un invito. L’invito rivolto al mondo politico a smettere di “parlare” di cultura, cominciando seriamente a “fare” cultura. Con una delibera di Giunta la città di Aosta muove i primi passi per candidarsi al titolo di Capitale Europea della Cultura nel 2019. Diverse città italiane, tra le quali il nostro capoluogo, dovranno presentare nei prossimi mesi una propria proposta concreta. Una scelta ambiziosa che condivido nel suo alto obiettivo ed apprezzo per il suo respiro internazionale. Tuttavia c’è davvero parecchio lavoro da fare. I criteri che deve soddisfare il programma sono la dimensione europea e la città con i suoi cittadini.  Rafforzare da un lato la cooperazione fra gli operatori culturali, gli artisti e le città degli Stati membri interessati facendo emergere la ricchezza della diversità culturale in Europa e mettendo in evidenza gli aspetti comuni delle culture europee. Dall’altro lato la necessità di incoraggiare la partecipazione dei cittadini residenti suscitando il loro interesse, che deve avere un carattere duraturo e costituire parte integrante dello sviluppo culturale e sociale a lungo termine della città. Ecco la chiave di tutto: bisogna cambiare il modo di ragionare sul concetto di cultura. In Valle d’Aosta l’impressione é che si abbia spesso l’abitudine di misurare la cultura sulla quantità di eventi e sul peso di nomi di richiamo: una macedonia di manifestazioni e spettacoli slegati tra loro, che perdono di vista la volontà di investire in modo concreto sulla crescita umana e personale della società valdostana. C’è bisogno di una politica culturale di prospettiva, che sia motore di sviluppo e polo turistico attrattivo. Questo per evitare che un’occasione importante per la nostra città capoluogo si traduca nell’ennesima promozione elettorale senza contenuto.

NON SENTO. E’ una scelta. Non sente ragioni la maggioranza regionale che in Consiglio, dopo l’esito del referendum, boccia la risoluzione presentata dall’opposizione che chiedeva l’istituzione di un tavolo tecnico con la partecipazione dei promotori del quesito sull’abolizione dei trattamenti a caldo per lo smaltimento dei rifiuti. Approva invece la costituzione di una Commissione consiliare speciale che, alla luce della normativa vigente, avrà l’obbligo di elaborare proposte di fattibilità per la gestione dei rifiuti. Da una parte la volontà dei promotori di confrontarsi direttamente con il mondo politico in un tavolo che li veda diretti protagonisti insieme ad altri attori. Dall’altra la proposta dell’amministrazione regionale di costituire un organismo che abbia fondamento giuridico, che coinvolga le forze politiche di maggioranza ed opposizione e che sia in grado di dare una risposta istituzionale, superando il rischio di raggruppamenti caotici e inconcludenti. Credo che questo voto, indipendentemente dalla scelta individuale del cittadino, sia stato interpretato a posteriori (a torto o a ragione, ingenuamente o malignamente) come un segnale da parte della società civile nei confronti della classe politica. Forse non sarebbe stato così sbagliato, per stemperare gli animi nell’interesse dei rapporti istituzionali e per dimostrare che cittadini e politica possono non essere così distanti, tentare di trovare un compromesso accettabile tra le diverse posizioni, rispettando le considerazioni del governo e attribuendo valore nel contempo all’impellente richiesta di confronto.

Non vedo, non parlo, non sento. Ci sarebbero ancora molte riflessioni da fare, ma voglio lasciarvi con un appello: nella tradizione popolare, insieme alle tre scimmie sagge, può essere talvolta rappresentata una quarta scimmia, che simboleggia il principio del “non fare” e viene raffigurata con le mani incrociate. La mia speranza è che, indipendentemente dalle scelte intraprese, chi ci governa non scelga mai di guardare al nostro futuro con le braccia conserte.  

tonelli.rene@gmail.com

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