Consiglio Valle - 09 marzo 2017, 10:57

Quando il Consiglio Valle fu chiuso ‘per motivi di ordine pubblico’

Oreste Marcoz e Severino Caveri

Oreste Marcoz e Severino Caveri

Nel corso della polemica politica di questi giorni Pierluigi Marquis ha rievocato la crisi del fil di ferro; si riferiva ad una serie di eventi accaduti nel 1966 e che ebbero il culmine il 17 maggio di quell’anno. Dopo le elezioni regionali del 24 aprile di quell’anno Severino Caveri (foto), primo eletto dell’Uv, forma una giunta Uv Pci e Psi. Il clima politico era molto teso: a Roma la Dc apriva ai socialisti in chiave anticomunista e le stesse alleanze voleva proporre in Valle.

Il 17 maggio 1966 si registra quella che sino ad allora era  la crisi più grave nella storia del Consiglio Valle, la crisi "del fil di ferro". L'episodio è da ricondurre alla decisione della federazione valdostana del Psi di dar vita ad una maggioranza di centrosinistra, facendo di conseguenza cadere la giunta Caveri. L'operazione era già stata condotta con successo nel capoluogo, ribaltando l'ormai tradizionale alleanza Uv-sinistre e portando il democristiano Giorgio Chanu sulla poltrona di primo cittadino.

In Regione si dimettono i due assessori socialisti, Francesco Balestri e Mario Colombo, ma le cose vengono complicate dal mandato di cattura spiccato nei confronti di due consiglieri Dc, Francesco Ghesi e Giuseppe Torrione, accusati di aver chiesto denaro per favorire la Sitav nel rinnovo della convenzione di gestione del Casinò. Allora, dunque si parlava di accuse, oggi di condanne. Di fronte al colpo di mano di democristiani e socialisti, Union e Pci chiedono elezioni anticipate, dichiarando delegittimato quel Consiglio. I conti sono facili: senza i nove consiglieri comunisti, i sette unionisti e i due Dc dimissionari il Consiglio non dispone del numero legale e quindi il ricorso alle urne è inevitabile; la richiesta di elezioni è inviata anche al governo della Repubblica e una petizione analoga viene spedita dai sindaci e vicesindaci di 45 comuni al presidente Giuseppe Saragat.

Opposta l'interpretazione degli avversari che chiedono che il Consiglio venga regolarmente convocato e i due dimissionari sostituiti. In seguito alle dimissioni Oreste Marcoz e di Marie Celeste Perruchon (foto) da presidente e vicepresidente del Consiglio regionale, Aldo Moro, capo del Governo centrale, incarica la democristiana Arlina Personettaz (che verrà definita "l'ostetrica di Moro" per avergli fatto "partorire" il centrosinistra valdostano) di diramare la convocazione in qualità di consigliere anziano (in verità spetterebbe comunque a Marcoz che resta il consigliere più vecchio essendo nato un anno prima); l'altro vicepresidente rimasto in carica, il comunista Renato Strazza, ne subirà in seguito le conseguenze giudiziarie per "attentato al funzionamento di organi costituzionali".  

La data di convocazione è appunto il 17 maggio 1966, ma i 17 consiglieri di Dc, Psi, Pli, Psdi e Riv (Raggruppamento indipendente valdostano) trovano le porte del Palazzo regionale chiuse dall'interno con le maniglie avvolte dal fil di ferro; nemmeno gli impiegati sono potuti entrare negli uffici. Un cartello, a firma del presidente Caveri, giustifica la chiusura "per motivi di ordine pubblico" e concede alcuni giorni di congedo ai dipendenti. Oggi, visto che le porta del Palazzo sono elettriche, chiuderle con il fil di ferro sarebbe impossibile.

Pochi giorni dopo Guido Padalino, commissario governativo nominato da Moro, convoca il Consiglio che provvede a sostituire i due democristiani dimissionari e quindi ad eleggere il nuovo presidente del Consiglio, Giuseppe Montesano.  

ag. bo.

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