Prima con le parole, poi con i fatti: il clima di delegittimazione dei giornalisti in Italia è diventato ormai pericoloso. Questa notte, a Pomezia, un gesto che poteva avere conseguenze ancora più drammatiche ha superato ogni limite: un chilo di dinamite è stato fatto esplodere davanti all’abitazione di Sigfrido Ranucci, noto giornalista d’inchiesta.
Si tratta di un’intimidazione gravissima, un segnale atroce per tutti i professionisti dell’informazione. Come sottolinea l’Associazione Stampa Valdostana, “colpendo Ranucci, si colpiscono tutti i giornalisti d’Italia. Siamo certi che Sigfrido Ranucci non si farà intimidire e gli saremo vicini”.
Ma se questo episodio scuote l’opinione pubblica nazionale, in Valle d’Aosta esistono dinamiche altrettanto preoccupanti, anche se meno eclatanti. Querele minatorie, minacce di adire le vie legali per costringere i giornalisti a cancellare articoli pubblicati, e denunce infondate volte a intimidire o delegittimare il lavoro d’inchiesta rappresentano una minaccia concreta alla libertà di stampa.
Non si tratta solo di intimidazioni verbali: queste azioni, apparentemente formali, hanno un effetto reale di pressione sui professionisti locali, creando timore e autocensura. Ogni querela infondata, ogni minaccia di adire le vie legali per un articolo, contribuisce a costruire un clima in cui l’informazione libera viene messa a rischio.
Il parallelismo con l’attentato a Ranucci è chiaro: dal chiacchiericcio alle minacce legali e verbali, il passo verso azioni più gravi può essere breve. La comunità giornalistica valdostana lancia un monito: l’informazione non può essere paralizzata dalla paura, né dalle querele infondate né dalle minacce dirette. La solidarietà a Ranucci è un messaggio chiaro: sostenere i giornalisti significa difendere il diritto dei cittadini a essere informati.