Il Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani ha diffuso un documento di forte impatto emotivo e civile, a seguito della tragica morte di Giulia Bonin, venticinquenne triestina seguita dai servizi di salute mentale. L’apertura del fascicolo da parte della Procura di Trieste per omicidio colposo e omissione di soccorso segna un passo necessario sul piano giudiziario, ma non sufficiente a comprendere la portata della vicenda.
«Occorre uno sguardo che sappia leggere le fragilità individuali nel contesto più ampio della comunità e delle istituzioni», afferma il presidente del CNDDU, prof. Romano Pesavento, ricordando che Giulia era in carico al Centro di Salute Mentale e che la richiesta della famiglia di un intervento obbligatorio non ha prodotto la protezione necessaria.
Non si tratta quindi soltanto di accertare responsabilità penali, ma di interrogarsi sui vuoti e le disfunzioni del sistema. «Ci troviamo davanti alla drammatica conferma di quanto la fragilità psichica, se trascurata o gestita in modo frammentario, possa sfociare in esiti irreversibili», scrive il Coordinamento.
Pesavento allarga lo sguardo al ruolo della scuola, agenzia educativa primaria chiamata a intercettare i segnali di disagio e a promuovere percorsi di benessere e resilienza. «Educare alla cura dell’altro, alla responsabilità collettiva e alla consapevolezza dei propri diritti e limiti significa edificare comunità capaci di prevenire tragedie, piuttosto che limitarci a denunciarle a posteriori.»
Il documento invita a ripensare in profondità i modelli di presa in carico e i protocolli di collaborazione tra scuola, famiglia e servizi socio-sanitari. «La scuola non è solo trasmissione di conoscenze, ma spazio di cura dei diritti e dello sviluppo integrale della persona. La comunità scolastica ha la responsabilità di creare ambienti inclusivi in cui il disagio non venga stigmatizzato, ma riconosciuto e affrontato con strumenti pedagogici adeguati.»
Tra le misure concrete indicate figurano la formazione degli insegnanti alla sensibilità verso la salute mentale, la promozione del dialogo tra pari e lo sviluppo di progetti di educazione socio-emotiva. «L’educazione ai diritti umani diventa così un ponte tra la conoscenza teorica e la pratica quotidiana della cura reciproca, in cui ogni studente può sentirsi protetto e valorizzato.»
Il CNDDU chiude la sua riflessione esprimendo vicinanza alla famiglia di Giulia e rinnovando l’impegno per una cultura educativa che non si fermi al dolore, ma sappia trasformarlo in responsabilità civile e consapevolezza sociale.