"In questi mesi terribili di paura e lutto collettivo per la tragedia della pandemia, tutti abbiamo riscoperto il valore fondante della comunità...un mondo senza più narcisismi". E' quanto si legge in un interessante articolo( autore G. Tonelli) di una importante testata giornalistica. E ciò può essere condivisibile, al di là delle criptiche espressioni di un documento sulla mobilità coatta firmato da un gruppo di magistrati nostrani e pregevolmente criticate dall'avvocato G. Spira su Valledaostaglocal.
Nicolas Poussin - La Peste à Ashdod
Ma torniamo a quanto riportato all'inizio del mio articolo: il valore fondante della comunità. Per una sorta di contrappasso sembra che i nostri consolidati egoismi si stiano sgretolando per cedere il posto alla solidarietà, al senso, appunto, della comunità che avevamo smarrito. E questo, forse, potrebbe essere l'unico aspetto positivo che ci starebbe regalando (inconsciamente?) il coronavirus.
L'autore dell'articolo, P. Zellini, matematico e saggista, riferendosi all'opera di Camus così commenta:"Non solo: grazie alla peste, anche gli uomini più sofferenti e solitari trovano il modo di farsi complici di una comunità". E questa considerazione viene rafforzata da un'espressione riportata dallo stesso Camus nel suo romanzo:"la sola maniera di mettere insieme le persone è di mandare la peste".
Insomma, come dire che dalla lotta degli uomini contro una pandemia sembra emergere una lungimiranza (interessata? che va "ben oltre la mera amministrazione di routine del soccorso umanitario".
La domanda é: a causa del virus ci vorremo veramente bene o saremo costretti, per spirito di sopravvivenza, a volerci bene?