lo dico proprio da cronista del territorio: qui non è solo un passaggio societario, è uno schiaffo a chi tutte le mattine si alza, imbocca strade provinciali, entra nei municipi, segue assemblee infinite, ascolta i cittadini arrabbiati, racconta fatti e vicende che altrove non leggerà mai nessuno.
È questo lavoro silenzioso, quello che tiene in piedi la rete dell’informazione locale del Nord Ovest. E proprio questo lavoro oggi viene trattato come se fosse superfluo, sacrificabile, marginale.
Non lo è. Non lo è mai stato.
La proprietà vuole vendere – anzi, svendere – La Stampa e l’intero pacchetto di testate e radio. Tutto insieme, tutto in blocco, purché sia fatto in fretta. Il problema è che in questa frenesia non c’è un briciolo di garanzia:
– non per i giornalisti delle redazioni centrali e periferiche,
– non per i collaboratori che ogni giorno coprono buchi e territori,
– non per il pluralismo che, nelle nostre zone, passa spesso da una sola pagina del giornale.
È come se qualcuno, da lontano, avesse deciso che ciò che accade a Biella, Cuneo, Savona, Imperia, Verbania, Aosta… conti poco o nulla. È la logica del taglio: fredda, distante, incapace di vedere che l’informazione nasce dal territorio, non dalle sale riunioni.
Le nostre associazioni regionali – Asva per la Valle d’Aosta, Subalpina per il Piemonte, Ligure per la Liguria – hanno fatto quello che in questi momenti si deve fare: schierarsi.
Non con i comunicati di circostanza, ma con una posizione chiara e netta: nessuno tocchi La Stampa senza garantire futuro, qualità e radicamento sul territorio.
E non è solo solidarietà formale: è un gesto che nasce da chi vive lo stesso mestiere nelle stesse condizioni, fra trasferte con l’auto aziendale a carburante contato, riunioni serali nei consigli comunali e voci locali che si fidano dei giornalisti perché li trovano sotto casa.
E qui lo diciamo forte: i collaboratori esterni sono parte essenziale della sopravvivenza di ogni pagina locale. Senza di loro, nessun giornale riuscirebbe a coprire i territori.
Eppure sono quelli lasciati più nell’incertezza.
Quelli che rischiano di essere tagliati senza nemmeno una telefonata.
Quelli che, paradossalmente, conoscono meglio di tutti la realtà che raccontano.
Il presidente della Regione Renzo Testolin ha parlato di patrimonio, radicamento, pluralismo. Ha detto che istituzioni e mondo economico devono agire per favorire alleanze e soluzioni che tengano La Stampa nel suo territorio naturale.
Sono parole che fanno piacere, certo. Ma ora serve il resto: la parte in cui agli annunci seguono atti concreti. Perché quando un giornale come La Stampa rischia di essere tagliato fuori dal proprio territorio, è l’intero tessuto civico del Nord Ovest a perdere un pezzo di voce.
Non è retorica: quando salta una redazione locale, saltano storie, problemi, battaglie, cronache che nessun algoritmo potrà mai sostituire.
Saltano i controlli sul potere.
Saltano le piccole verità quotidiane che tengono insieme una comunità.
E allora sì, oggi siamo arrabbiati. Arrabbiati da cronisti, da colleghi, da gente che vive le strade che racconta.
Perché questa svendita non è solo una pagina industriale poco illuminata: è un attacco diretto alla dignità del nostro lavoro e alla voce dei territori.
E noi questa voce non abbiamo alcuna intenzione di farla spegnere.