CULTURA - 09 dicembre 2025, 12:00

AlpiLink, la voce segreta delle Alpi. “Dentro ogni lingua c’è un mondo, ma dentro ogni dialetto c’è una casa”.

La mappa online che raccoglie oltre tremila parlanti, dai bambini di quattro anni agli anziani centenari, costruisce un ponte tra passato e futuro, dove la Valle d’Aosta non è periferia: è crocevia, laboratorio e custode delle identità alpine

Da sx Livio Gaeta (Università di Torino), Ermenegildo Bidese (Università di Trento), Birgit Alber (Università della Valle D'Aosta), Stefan Rabanus (Università di Verona), Gianmario Raimondi (Università della Valle d'Aosta)

Non è soltanto un progetto di ricerca, AlpiLinK – Lingue Alpine in contatto, è un atto politico nel senso più umano del termine. Due anni di cammino, cinque Atenei coinvolti – Verona, Bolzano, Trento, Torino e Valle d’Aosta – e un risultato che ha il sapore di una radice che non si vuole spezzare. Oltre 3.300 parlanti in 1033 Comuni, dalle città alle borgate, dalle vallate occitane ai borghi walser, dai paesi cimbri del Trentino ai territori francoprovenzali della nostra regione: “Ogni audio è un frammento di memoria che diventa bene comune”.

Sul sito www.alpilink.it, l’audio-mappa open access raccoglie accenti, inflessioni, parole inventate e sopravvissute. A registrare, però, non ci sono stati soltanto ricercatori e linguisti: più di 1100 studenti di 36 scuole hanno bussato alle porte di case, anziani, botteghe e famiglie. Hanno ascoltato, fatto domande, registrato, restituendo dignità a lingue che spesso si tendono a ridurre a “dialetti”, parola che per molti contiene l’ombra del diminutivo, mentre qui diventa monumento. È stato un passaggio di testimone: “I ragazzi non hanno intervistato parlanti, hanno intervistato storie”, racconta un docente coinvolto.

E la Valle d’Aosta, ancora una volta, si rivela laboratorio e territorio di frontiera non soltanto geografica ma culturale. Il francoprovenzale che profuma di case in pietra e legnaia, il walser che custodisce la memoria del legno scuro e delle migrazioni d’alta quota, l’occitano che sembra suonare ancora come una ballata medievale, e i prestiti linguistici francesi che scorrono nel parlato con la naturalezza delle acque del Dora: qui il Nord Italia non è uno spazio uniforme, ma un mosaico vivo. “Ogni parola è un sentiero. Alcuni portano in Francia, altri in Svizzera, altri ancora risalgono fino ai contadini medievali delle nostre valli”, ricorda un ricercatore dell’Ateneo valdostano.

Tra le curiosità emerse, l’esempio quasi poetico di una fotografia: un uomo taglia un salame. E quel salame, nelle lingue raccolte, cambia pelle e suono. Wurst nei dialetti tirolesi e walser; salado in Veneto; saouseusse nel francoprovenzale; salam nella maggioranza dei parlanti della nostra regione; luganega in Trentino. Cinque parole, una sola immagine: “La stessa cosa non significa mai la stessa cosa per tutti”.

Il progetto non si chiude qui: nasce corDATA, l’ambizione di una piattaforma nazionale che integri ricerche diverse e diventi il grande archivio linguistico dell’Italia plurale. “Una mappa che non disegna confini, ma li attraversa”, sottolinea Stefan Rabanus, coordinatore di AlpiLink. E con questa idea prende forma il neonato Centro Interateneo sulle Minoranze Alpine, rete stabile tra Atenei e comunità.

C’è anche un’altra storia che merita: il primo dizionario cimbro-italiano e italiano-cimbro della varietà di Giazza, realizzato insieme all’Associazione Tzimbar. Un popolo minuscolo, una lingua sopravvissuta a tutto. Come a dire che oggi essere pochi non significa essere deboli: significa essere indispensabili a un racconto condiviso.

In tempo di guerre culturali e identità brandite come armi, AlpiLink restituisce alle lingue ciò che sono: né muri né slogan, ma ponti. La Valle d’Aosta lo insegna da secoli: qui vivere al confine non vuol dire essere al margine. Significa abitare la frontiera e trasformarla in incontro.

Perché ogni paroletta salvata da un registratore non è nostalgia: è futuro consegnato alla voce. E laddove una lingua sopravvive, sopravvive anche un modo di ridere, di pregare, di salutare, di raccontare il mondo. Sopravvive un popolo. Sopravviviamo noi.

je.fe.