Si riduce significativamente l’importo del presunto danno erariale contestato per gli aiuti concessi nel 2018 dall’allora Giunta regionale all’Associazione regionale degli allevatori valdostani. La sezione giurisdizionale della Corte dei Conti della Valle d’Aosta ha depositato ieri una sentenza parziale e un’ordinanza con cui, oltre a rigettare parte della domanda della procura, ha stabilito che la valutazione della compatibilità con il mercato interno dei contributi per i cosiddetti ‘premi genetici’ spetta alla Commissione europea. L’importo in questione ammonta a quasi 2,9 milioni di euro, precedentemente incluso nel presunto danno erariale originario di quasi 4 milioni.
Per quanto riguarda la restante parte dei contributi agli allevatori, pari a 1.066.000 euro, la Corte ritiene che possano essere ricondotti al regime europeo ‘de minimis’, che consente la concessione di piccoli aiuti senza necessità di autorizzazione preventiva da parte della Commissione. Un ulteriore importo di 60.652 euro, relativo a spese per l’organizzazione di concorsi e rassegne zootecniche, può essere considerato esente secondo il regolamento europeo applicabile.
Nel complesso, la procura della Corte dei Conti aveva citato a giudizio sedici persone che, nel 2018, facevano parte delle due Giunte regionali responsabili della delibera dei contributi contestati. Tra loro figurano l’attuale presidente della Regione, Renzo Testolin (UV), il presidente del Consiglio regionale Stefano Aggravi, la senatrice Nicoletta Spelgatti (Lega), l’allora vice presidente e assessore Luigi Bertschy e l’assessore al bilancio Mauro Baccega.
La decisione della Corte dei Conti evidenzia come una parte consistente degli aiuti possa essere valutata alla luce delle normative europee e che il presunto danno erariale originario risulti quindi significativamente ridimensionato. La valutazione definitiva sulla compatibilità dei premi genetici con il mercato interno sarà ora demandata alla Commissione europea, spostando temporaneamente lo sviluppo del procedimento fuori dai confini regionali.
Il caso aveva sollevato attenzione per l’ampio coinvolgimento di esponenti politici ancora oggi in carica e per l’importo considerevole dei contributi erogati, confermando la delicatezza delle procedure di controllo sui fondi pubblici destinati al settore zootecnico.