C’è un principio non scritto ma scolpito nella memoria di chi osserva la giustizia: quando la storia sembra avviarsi verso una soluzione, ecco riapparire un capitolo che rimette tutto in discussione. È esattamente ciò che sta accadendo attorno alla figura di Aldo Spinelli, storico imprenditore del porto di Genova, che dopo il patteggiamento nell’inchiesta ligure si ritrova ora incastonato in un nuovo scenario giudiziario, questa volta ai piedi delle Alpi.
Secondo un lancio Ansa — che la procura aostana considera da “precisare” e integrare — l’indagine per corruzione che lo riguarda potrebbe pesare più del previsto. Non tanto per il merito del nuovo fascicolo, quanto per le conseguenze che potrebbe generare altrove. Potrebbe infatti influire sulla decisione dei giudici genovesi, chiamati a valutare la messa alla prova chiesta dalla difesa: un passaggio indispensabile per evitare che i tre anni e tre mesi patteggiati nella vicenda che nel maggio 2024 portò ai domiciliari l’allora presidente ligure Giovanni Toti si traducano in arresti domiciliari veri e propri.
Non c’è ancora un’udienza fissata, ma fonti qualificate, secondo quanto scrive l'ANSA, confermano che la procura generale di Genova molto probabilmente affronterà anche il tema “valdostano” nella discussione in aula. Un dettaglio non da poco. Perché a quel punto i giudici potrebbero rigettare la richiesta e decidere che l’anziano imprenditore sconti la pena ai domiciliari.
La nuova indagine nasce da un passaggio temporale che, agli occhi degli inquirenti, non è certo casuale. “Quattro giorni dopo la revoca della custodia cautelare”, sostengono gli investigatori, Spinelli avrebbe consegnato mille euro ciascuno a due funzionari del Casinò di Saint-Vincent per farsi cambiare 85 mila euro in fiches e farli poi accreditare sul conto di un’amica, oggi indagata per riciclaggio.
Sempre secondo quanto si legge nel lancio ANSADalle carte, sulle quali a Palazzo di giustizia non si sbilanciano ma che definiscono “rilevanti”, emerge un’intercettazione in cui uno dei funzionari confida alla moglie: “Quel signore, Spinelli, ci ha dato un sacco di soldi, non i soliti 500 ma duemila euro”. E ancora: “Li ha dati sotto il tavolo perché gli ho cambiato centomila euro in contanti”.
La ricostruzione non convince la difesa, che invita a guardare agli atti con meno clamore. L’avvocata Sabrina Franzone, che assiste Spinelli, ha spiegato che “si tratta di cifre regolarmente tenute e che era convinto della liceità dell’operazione”.
Durante le perquisizioni i finanzieri hanno sequestrato 30 mila euro a Spinelli e 130 mila all’amica, seguita dall’avvocato Luca Ciurlo, che si limita a una posizione prudente: “Aspettiamo cosa deciderà la procura e poi valuteremo cosa fare”.
I sequestri dovranno essere convalidati dalla procura genovese, che a sua volta dovrà coordinarsi con i colleghi di Aosta. Ed è qui che le due storie — quella delle fiches valdostane e quella del porto ligure — rischiano di toccarsi e orientare la bilancia.
Perché se un nuovo fascicolo si insinua proprio nel momento in cui un patteggiamento cerca la sua uscita di sicurezza, la sensazione è che per Spinelli la partita sia tutt’altro che chiusa. E, come spesso accade, a decidere non sarà solo ciò che è successo in un casinò, ma ciò che i giudici riterranno che quella storia dica — o lasci intendere — sul comportamento generale dell’imprenditore.
E nella giustizia, si sa, i dettagli che arrivano alla vigilia hanno il vizio di pesare più di quelli arrivati a suo tempo.