Consiglio Valle Comuni - 03 dicembre 2025, 09:57

Raddoppio traforo del Monte Bianco, accordo o miraggio?

Il dibattito in Consiglio Valle riapre vecchie ferite: tra intese di vertice, leve strategiche e l’eterna domanda su chi decida davvero il futuro della Valle

Jean-Pierre Guichardaz ha riportato in aula il raddoppio del traforo Monte Bianco

Un traforo raddoppiato che appare e scompare come certi oggetti nelle fiere di paese: “eccolo, non c’è più”. Così il progetto di potenziamento del Monte Bianco torna a fare capolino nelle carte politiche, più per suggestione che per concretezza. È stato al centro dell’interpellanza del gruppo PD – Federalisti Progressisti VdA nella seduta del 2 dicembre, dove il Capogruppo Jean-Pierre Guichardaz non l’ha mandata a dire: «Nel documento politico del 4 novembre sottoscritto da UV e Forza Italia si parla di potenziamento del traforo come priorità. Ma non esiste alcun atto regionale o intergovernativo che confermi l’avvio di una progettazione reale. È una formula che crea l’illusione che qualcosa si stia muovendo, ma di fatto non esiste nulla».

Il nodo è semplice, almeno sulla carta: due partiti firmano un’intesa politica e la mettono a base di una nuova maggioranza regionale, indicando un’opera che però non rientra nelle competenze della Regione, ma nelle scelte degli Stati italiano e francese. Guichardaz ha alzato il sopracciglio politico e istituzionale: «Parliamo di un’infrastruttura binazionale, che dipende dai governi, non dalle segreterie dei partiti e non dal Ministero degli Esteri solo perché in un documento lo si evoca». Più che un’infrastruttura, sembra diventato un concetto filosofico: esiste, ma in una dimensione parallela.

Dalla Presidenza della Regione è arrivata una difesa articolata, e non priva di punte polemiche. Renzo Testolin ha precisato che «l’interpellation semble confondre le plan politique de l’accord de programme du 4 novembre avec les aspects administratifs et techniques d’un éventuel doublement du tunnel du Mont-Blanc». In altre parole: politica da una parte, burocrazia dall’altra, e non necessariamente viaggiano sullo stesso binario. Secondo Testolin, l’accordo riflette «une vision partagée» in cui il raddoppio del traforo non sarebbe un capriccio, ma un tassello strategico nel sistema dei transiti alpini: «crucial, surtout en termes de sécurité, car cela permettrait de ne pas modifier la vitesse ou le volume du trafic». E per rafforzare il concetto, il Presidente porta un esempio fresco: il secondo tubo del Fréjus, inaugurato «sans difficultés» il 29 luglio.

Tutto molto chiaro, o quasi, finché lo stesso Testolin non precisa che «a ce jour il n’existe aucune discussion formelle, technique ou administrative avec les Ministères compétents» né in Italia né in Francia. Nessuna lettera protocollata, nessuna riunione, nessun dossier sul tavolo. Il che, in concreto, lascia la “visione condivisa” in un limbo concettuale, in attesa che qualcuno apra il cassetto giusto a Roma o a Parigi. L’esecutivo mette però sul piatto un segnale politico: la promessa del Ministro Tajani per una futura bilaterale Italia-Francia da organizzare in Valle d’Aosta, nell’ambito del Trattato del Quirinale. Una promessa che suona bene, certo, ma nella memoria di molti rimanda a una lunga collezione di bilaterali annunciate e poi evaporate nel nulla.

La replica finale di Guichardaz riporta tutti con i piedi per terra, probabilmente più ruvidi di prima: «Il Presidente ha confermato che non esistono interlocuzioni formali con i Governi. L’accordo UV-FI, costruito fuori dalle sedi istituzionali, pretende di impegnare la Regione e finisce per capovolgere l’ordinamento autonomistico». Una stoccata diretta, che tocca il cuore della questione: chi parla per la Valle d’Aosta quando si discute di opere strategiche? Le segreterie dei partiti o le istituzioni previste dallo Statuto? «Non è così che si tutela la Valle d’Aosta. Non possiamo tornare a una politica di retropalco. Su temi di questa rilevanza la trasparenza non è un’opzione».

In fondo, la vicenda del traforo è la cartina di tornasole di un dilemma più grande: la Valle vuole essere protagonista o spettatrice? E soprattutto: si può costruire un secondo tunnel partendo da un accordo politico che non trova corrispondenza formale? Per ora il traforo resta nello spazio dove spesso si rifugiano le promesse infrastrutturali: tra le idee che piacciono, che fanno discutere, ma che nessuno ha davvero cominciato a misurare col righello della realtà. Se siano prospettive o miraggi, lo diranno i prossimi atti — quando e se arriveranno. Nel frattempo, il dibattito corre. Più veloce dei camion. Più veloce persino della politica, quando si limita alle parole.

je.fe.