Il Nucleo PEF - Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza, il reparto “di punta” quando si tratta di seguire i soldi e ricostruire movimenti economici sospetti - ha eseguito un sequestro preventivo di beni e valori per oltre 5 milioni di euro nei confronti di 19 persone. L'attività ha fatto luce su un sistema di riciclaggio realizzato da imprese commercianti materiale ferroso e attuato grazie a 2 impiegati del Casinò di Saint-Vincent.
È l’ennesima puntata di una storia che in Valle d’Aosta conosciamo fin troppo bene: quando si parla di riciclaggio, prima o poi il Casinò di Saint-Vincent spunta fuori. Come se fosse una costante, una legge non scritta. Cambiano gli anni, cambiano gli indagati, cambiano i meccanismi, ma la trama è sempre la stessa: soldi sporchi che entrano, fiches che escono, e qualcuno dentro la casa da gioco che chiude un occhio. O tutti e due.
La Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Aosta, ha scoperchiato un giro di fatture false, corruzione e flussi di denaro proveniente da imprese che commerciano materiale ferroso, denaro che secondo gli investigatori veniva “ripulito” grazie a due impiegati infedeli del Casinò. Il sistema, per come ricostruito dalle indagini, pare studiato fin nei dettagli: il denaro incassato tramite operazioni inesistenti veniva riversato sui conti personali di alcuni degli indagati, e da lì portato ai tavoli del Saint-Vincent Resort & Casino. Una scommessa? No, una procedura: convertirlo in fiches, simulare una vincita, restituire fondi che apparivano magicamente legittimi.
La parte più amara è che questo copione lo abbiamo già visto. Troppe volte. Nonostante proclami, controlli rafforzati, ristrutturazioni e piani di rilancio, la casa da gioco resta un luogo dove il denaro illecito continua a trovare spiragli. E ogni nuova indagine va a intaccare non solo l’immagine del Casinò, ma anche la credibilità delle istituzioni che lo controllano, dei sistemi di vigilanza, delle promesse fatte ai valdostani.
La natura tecnica dell’inchiesta seguirà i suoi percorsi giudiziari, con la presunzione d’innocenza per tutti gli indagati. Ma la questione politica e sociale è un’altra: com’è possibile che la casa da gioco finisca così spesso al centro di giri torbidi? E perché, nonostante anni di scandali, sembra che nessuno sia davvero riuscito a blindare i controlli interni?
La sensazione – fastidiosa, quasi imbarazzante – è che il Casinò continui a muoversi in una zona grigia perenne. Una zona dove due impiegati possono, secondo gli inquirenti, agevolare operazioni di riciclaggio per somme milionarie senza che nessuno se ne accorga. O peggio: senza che nessuno voglia accorgersene.
E così oggi ci ritroviamo di nuovo al punto di partenza: un’operazione imponente delle Fiamme Gialle, milioni sequestrati, decine di indagati e un altro durissimo colpo alla credibilità della casa da gioco e, con essa, dell’intero sistema che dovrebbe garantirne trasparenza e integrità.
Il Casinò è ancora una volta nel fango. E la Valle d’Aosta con lui.