ATTUALITÀ ECONOMIA - 30 novembre 2025, 12:50

Mance e giochi da casinò: qualche verità scomoda tra norme, prassi e interpretazioni

Un approfondimento sulle mance nelle case da gioco, tra sentenze, norme e convenzioni. Un tema che continua a far discutere, specie alla luce dei rapporti tra enti pubblici e società di gestione

Nuova immersione — l’ennesima, diciamolo pure — nel mondo complicato dell’imposta sugli intrattenimenti e, più in generale, nelle regole che governano le case da gioco in Italia. La scintilla stavolta è partita dal documento “Convenzione per la definizione dei rapporti tra il Comune di Venezia e la C.M.V. S.p.A.”, che contiene passaggi che meritano più di una riflessione.

Ero di nuovo con le mani dentro l’imposta sugli intrattenimenti, non del tutto soddisfatto da ciò che avevo trovato finora, quando mi sono imbattuto in un documento interessante: la convenzione che disciplina i rapporti tra il Comune di Venezia e la C.M.V. S.p.A. All’articolo 22, dedicato agli oneri fiscali, compare una frase che colpisce subito: “Ove previsto per legge, rimangono a carico del Comune i seguenti oneri fiscali: imposta sugli intrattenimenti gravante sui proventi di gioco”.

Già che ero su quelle pagine, e ricordando una vecchia questione legata alle mance, ho voluto leggere anche l’articolo che definisce la natura delle entrate del Comune. È chiaro sin dal primo rigo: il Comune è l’unico titolare delle entrate della casa da gioco, autorizzata dal Ministero dell’Interno. Tali entrate, continua il testo, hanno natura tributaria ai sensi dell’art. 19 del decreto legge 1° luglio 1986, n. 318. E — ed è qui che si apre il tema più spinoso — la stessa natura tributaria viene attribuita anche alle mance e alle somme percepite per l’accesso alle sale, fin dal momento dell’incasso da parte della società di gestione.

Ed eccoci al punto su cui proprio non riesco a concordare, soprattutto quando si tira in ballo il tema delle mance. Non solo per una questione di logica, ma anche per ciò che la giurisprudenza ha costruito negli anni.

La storica sentenza n. 1775 del 18 maggio 1976 della Cassazione, sezione lavoro, è cristallina. Il cosiddetto “sistema mancia” è regolato da un uso normativo consolidato, risalente addirittura al 1954. Si tratta di una vera e propria fonte secondaria che disciplina il rapporto tipico tra giocatore e croupier: il giocatore vincente è obbligato a cedere una parte della vincita al croupier, il quale a sua volta la ripartisce con gli altri addetti e con il gestore. Ed è evidente che il primo beneficiario è il croupier, non il gestore. Sarebbe paradossale, del resto, che chi perde debba “partecipare” alla vincita attraverso una quota della mancia.

Lo stesso chiarimento arriva da una sentenza del Tribunale di Venezia del 19 febbraio 1975 (Comune di Venezia c. Enpals e Bevilacqua), dove si afferma che le mance provengono da un terzo — il giocatore vincente — e vengono corrisposte esclusivamente in occasione della vincita. Non si possono considerare partecipazione agli utili dell’impresa, perché non hanno nulla a che vedere con il guadagno del gestore: anzi, nascono esattamente mentre l’impresa perde.

A margine, vale la pena ricordare anche la sentenza della Cassazione del 1954, n. 672 del 9 marzo, che consolida ulteriormente questo quadro interpretativo.

Alla luce di tutto questo, continuo a ritenere che le entrate legittimamente spettanti all’ente pubblico titolare dell’autorizzazione siano solo quelle derivanti dal gioco vero e proprio. E qui entra in scena la solita, affascinante curiosità: il Comune di Venezia, da quanto emerge, lascia alla gestione il 75% dei proventi — ma su quale base imponibile? Su quali somme? Non è chiarissimo.

Per tentare di capirci qualcosa, sono tornato al Decreto Legislativo 26 febbraio 1999, n. 60. L’articolo 1 riprende il vecchio impianto dell’imposta sugli intrattenimenti (DPR 640/1972): i giochi indicati in tariffa sono soggetti a imposta, con un’aliquota del 10%. L’articolo 2 chiarisce poi un principio fondamentale: quando l’esercizio della casa da gioco è riservato per legge a un ente pubblico, quest’ultimo è soggetto d’imposta anche se ha delegato la gestione a terzi.

E infine, uno sguardo al disciplinare in vigore per Saint-Vincent. L’articolo 7 elenca diverse componenti sulle quali calcolare la quota spettante alla Regione, segno che il sistema è complesso e stratificato, e che ogni singola voce ha una sua logica — o almeno, dovrebbe averla.

Forse proprio questo rende utile un confronto serio su un tema spesso relegato a tecnicismo per addetti ai lavori: le mance, la loro natura, la loro ripartizione e il loro ruolo nel rapporto tra case da gioco, lavoratori ed enti pubblici. Un confronto che, più che mai, potrebbe aiutare a fare chiarezza su uno degli aspetti meno discussi ma più decisivi del settore.

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